Andare per mare, per conoscere la terra



giovedì 6 marzo 2025

Polinesia Francese - Panama, una rotta inconsueta


Quando si entra in Pacifico, dopo aver passato il canale di Panama, si pensa di aver raggiunto il punto di non ritorno.  L'immensità dell'oceano Pacifico e l'ampia fascia di alisei che spingono costantemente verso ovest, convincono anche il più creativo dei naviganti che per tornare a casa non ci sia altra via che completare il giro del mondo, a meno che non si voglia andare a cavalcare le depressioni antartiche. 
Alla fine dello scorso anno la ZoomaX ed il suo equipaggio sono andati contro questa opinione comune percorrendo 4.250 miglia da ovest verso est e compiendo la traversata oceanica dalla Polinesia Francese a Panama senza incontrare particolari difficoltà.
È una rotta talmente inconsueta che non viene nemmeno citata nella "bibbia" della navigazione oceanica da diporto 'Rotte di tutto il mondo, 1000 rotte oceaniche dai mari del Sud all'Artico' di Jimmy Cornell. 
La decisione di lanciarci in quest'avventura l'abbiamo presa a giugno, grazie a due elementi che ci hanno convinto: lo studio delle Pilot Charts e l'esperienza di Matteo Miceli che con il Tanai III ha percorso la stessa rotta con successo nel 2023. L'analisi delle pilot charts (per chi volesse approfondire il tema rimandiamo al link Atlas of Pilot Charts) ha evidenziato, per i mesi di ottobre e novembre, la prevalenza di venti meridionali in un'area dell'oceano Pacifico che ci avrebbe consentito di fare rotta verso est, senza allungare di troppo il percorso per Panama.
 
Vedi l'area evidenziata in verde
Vedi l'area evidenziata in verde  
 
Si tratta di un fascia stretta in termini di latitudine (lungo il parallelo dei 5°N) ma lunga in longitudine (dai 130°W fino al golfo di Panama a 80°W). La parte più difficile è raggiungere dalle Marchesi (che è il punto più vicino da cui partire) quella zona di venti  favorevoli (noi ci siamo posti un waypoint a cui tendere a 4°N-135°W.  Sono circa 800 miglia in cui all'inizio si deve bolinare stretto contro l'aliseo e poi lottare per superare la forte corrente equatoriale che tende a spingerci ad ovest. Raggiunti i 3-4°N si riesce gradualmente a portare la prua verso est, diretta sul Golfo di Panama. A quel punto si trova anche una leggera controcorrente favorevole di 0.5-1.5 kn verso est. Bisogna però fare attenzione a non salire più a nord perché si entrerebbe nella zona di convergenza intertropicale (ITCZ) dove il vento sparisce e abbondano piogge e temporali.

Rotta ipotizzata alla partenza. Nella prima foto si vede la corrente equatoriale, nella seconda le condizioni di vento lungo la rotta, e la terza mostra la ITCZ. Sono condizioni piuttosto costanti nei mesi di Ottobre/Novembre

Da lì in avanti si prosegue come su una rotaia per oltre 3000 miglia verso est, lungo il parallelo dei 5°N, con il vento che da SSE gradualmente ruota a S ed infine a SSW sempre tra i 10 ed i 20 kn. La parte finale può riservare qualche sorpresa. Le condizioni meteo all'avvicinarsi al golfo di Panama in questa stagione sono molto variabili . Ci si può imbattere in violente celle temporalesche con venti anche intensi provenienti da qualsiasi direzione. 

Questo è quanto abbiamo studiato sulla carta.

Il 16 ottobre partiamo da Nuku Hiva, ipotizzando di metterci circa 30-35 giorni per raggiungere Panama. La risalita verso nord si conferma dura, soprattutto il secondo giorno, di bolina stretta contro un vento da est di 20 kn e onda di 2.5 mt. Poi le condizioni migliorano l'onda ed il vento diminuiscono e la vita a bordo diventa più confortevole. È soltanto la corrente in aumento che ci costringe a stringere al massimo la bolina per non scadere ad ovest. Cerchiamo di attraversare l'equatore seguendo le indicazioni di Windy che mostrano un'interrruzione del flusso più forte di corrente all'altezza del meridiano 130W. Il mare comunque ribolle e la barca per un paio di giorni viene sballottata come un sughero


Poco dopo aver raggiunto l'emisfero nord, subentra un imprevisto: un ciclone si sta formando al largo della costa messicana e dirige verso WSW, in pratica verso di noi. I modelli GFS e ECMWF però concordano nel prevedere che la ITCZ lo farà 'rimbalzare' verso NW. Ed in effetti così sarà


La navigazione lungo il parallelo dei 5°N prosegue effettivamente come lungo una rotaia, e la direzione del vento man mano che ci avviciniamo al continente americano gira gradualmente da SSE verso S e poi SSW
 


Navighiamo tra la ITCZ a nord e la corrente equatoriale a sud. Non possiamo né salire, né scendere, solo andare dritto!


 
Per un lungo tratto veniamo accompagnati da una comunità di sule dai piedi rossi. Usano la barca come base di riposo e di osservazione. Quando hanno fame si alzano in volo a caccia di pesci volanti e con la pancia piena ritornano a bordo. Percorrono insieme a noi oltre 1000 miglia.
 






L'ingresso nel golfo di Panama si conferma complicato. Veniamo investiti da una sequenza di violenti groppi. il primo ci sorprende così all'improvviso da provocare una strambata involontaria, per fortuna senza gravi conseguenze per la ZoomaX. La direzione e l'intensità del vento sono talmente variabili che decidiamo di chiudere tutte le vele e proseguire a motore. 

È anche l'intenso traffico di navi in entrata ed uscita dal canale di Panama a concederci poca libertà di manovra.


Arriviamo a Panama City dopo 25 giorni e 3 ore di navigazione. Ormeggiamo a Playita Marina. 

 

Un paio di giorni di riposo ed il 13 Novembre il nostro agente Erick Galvez organizza il transito del canale. Sono passati 11 anni da quando abbiamo fatto il Canale di Panama nella direzione opposta ma il ricordo è vivo e l'eccitazione grande. Alle 4 del mattino siamo già nella prima chiusa, Pedro Miguel, illuminata dalle luci artificiali perché il sole non è ancora sorto.


Siamo soddisfatti di aver riportato la barca in Atlantico seguendo una rotta inconsueta. Dall'interesse dimostrato al nostro arrivo da parte di molti navigatori in procinto di avventurarsi in Pacifico, abbiamo capito che la nostra esperienza avrà un ruolo di apripista per molti altri 'colleghi'. Speriamo con questo post di aver fornito una buona base di informazioni per chi volesse ripercorrere i nostri passi.


Non descriviamo nel dettaglio il transito del canale perché lo abbiamo già fatto al primo passaggio nel 2013. Questo è il link al post, per chi volesse rileggerlo Il Canale di Panama

Arrivati a Shelter Bay ci godiamo la tranquillità del marina ed il sonno nelle sue acque calme. 



Aliamo la ZoomaX che resta a riposo per i mesi di Dicembre e Gennaio, mentre noi andiamo a casa per ritrovare la famiglie e gli amici in occasione delle feste di Natale.

 

A febbraio ritorniamo a Panama e dopo un paio di settimane di lavori di manutezione la ZoomaX ritorna nel suo elemento, pronta per nuove avventure.


Potete seguire i nostri spostamenti cliccando sulla mappa 'Dove siamo' in alto a destra.

domenica 17 novembre 2024

Mauruuru Fenua


Il titolo significa Grazie Polinesia in tahitiano. 
Nel post precedente ci eravamo lasciati alla pass sud di Fakarava al plenilunio di giugno. 
La vita nelle acque della pass che abbiamo potuto osservare durante i giorni precedenti la riproduzione delle cernie resterà uno degli eventi subacquei più straordinari a cui abbiamo assistito.
Sono cernie di un’unica specie, Epinephelus polyphekadion. Il loro comportamento è inconsueto, per natura schive e solitarie, in questa occasione si radunano nella pass a migliaia, disponendosi sul fondo e lasciandosi cullare dalla corrente. Sono totalmente indifferenti alla presenza dell’uomo, e si direbbe anche alle bolle emesse dai subacquei (che normalmente i pesci percepiscono come una minaccia). Quando vai loro incontro non si muovono fino all’ultimo momento senza degnarti di uno sguardo, e solo quando sei a pochi centimetri di distanza, aprono un varco per farti passare.
La tranquillità delle cernie è di contrasto con il fermento che caratterizza le altre specie animali presenti nella pass. Si percepisce chiaramente che ci si sta preparando ad un evento speciale. Il  numero di predatori aumenta di giorno in giorno, in particolare gli squali ma non solo, anche carangidi, barracuda, milk fish, tonni, fucilieri, etc.
La notte di plenilunio, il 22 giugno, le cernie attendono che la marea inizi a calare e la corrente inverta la direzione, da entrante ad uscente. È in quel momento che avviene la riproduzione. Succede tutto in pochi attimi, le femmine rilasciano le uova che vengono fecondate dai maschi per poi essere trasportate dalla corrente in mare aperto dove avranno maggiori possibilità di sopravvivenza. Ed è questo il momento in cui i predatori fanno festa, approfittando  della vulnerabilità delle cernie.



Durante la lunga permanenza alla pass sud, andiamo spesso a sgranchirci le gambe sull’isola di Tetamanu, dove vive una comunità di 30 persone, perlopiù impegnate a lavorare nel piccolo resort ‘Pension Tetamanu’ che ospita subacquei provenienti da tutto il mondo per immergersi nella mitica pass sud di Fakarava. 
 







I mesi trascorsi a Fakarava ormai non si contano più! Giriamo per l’atollo in lungo e in largo sulla base alle condizioni del vento.
Siamo nella stagione di punta, la maggior parte delle barche in transito in Polinesia esp
lora le Tuamotu nei mesi di giugno-luglio per poi spostarsi alle isole della Società e proseguire verso ovest. Fakarava è uno degli atolli più frequentati. Durante uno dei maramu (forti colpi di vento da sud-est, piuttosto frequenti durante la stagione secca), ci troviamo ad Hirifa, l’ancoraggio più protetto, insieme ad altre 50 barche.
Si potrebbe pensare che la situazione sia intollerabile….”siamo arrivati fino in Polinesia per stare ammassati come in una baia in Sardegna ad agosto!”. In realtà in questi anni abbiamo trascorso molto tempo in ancoraggi remoti, godendoci il silenzio e la solitudine degli innumerevoli angoli incontaminati che ancora si trovano nell’immensità di questo oceano. Ogni tanto fa proprio piacere stare nel casino! Si conosce gente di tutto il mondo, con alcuni nascono delle belle amicizie, di giorno si organizzano esplorazioni di gruppo in acqua o a terra, al calar del sole ci si trova spesso  a bere una birra in spiaggia oppure sui gommoni. C’è chi nuota, chi va sul paddleboard, chi fa kite o wing foil, chi pagaia in kayak o canoa, tutti dedicano una parte della giornata alle riparazioni o ai lavori di  manutenzione sulla propria barca. C’è un buon spirito di collaborazione: ci si consulta, si condividono attrezzi e strumenti, ci si dà una mano.








Amo molto osservare quanto i bambini che viaggiano con le loro famiglie godano di questa vita. Dopo aver fatto scuola in barca con i genitori, passano il resto della giornata insieme ai bambini delle altre barche. Sono svegli, sanno pescare, pulire i pesci, se hanno sete raccolgono e aprono una noce  di cocco. Ogni giorno si imbattono in qualcosa di sconosciuto, un frutto, un pesce, un insetto, affrontano le novità con curiosità e allo stesso tempo con prudenza. Quando sono in tanti è una piccola babele, diventano presto poliglotti e se la lingua è una barriera si arrangiano comunque a comunicare. Gli insegnamenti virtuosi per un bambino che fa questa vita sono innumerevoli. Cito solo i primi che mi vengono in mente: impara a razionare l’acqua in barca, a mangiare quel che c’è, a trascorrere lunghe giornate noiose durante le traversate, si sveglia quando sorge il sole e va dormire poco dopo il tramonto. Penso che, se fatta prima dell’adolescenza, l’esperienza di viaggiare per il mondo in barca gli darà un imprinting che si porterà dietro per tutta vita.

Ogni due o tre settimane facciamo un salto a Rotoava, il villaggio di Fakarava, per fare cambusa. Bisogna tener conto che sugli atolli corallini delle Tuamotu non cresce praticamente niente, salvo palme e qualche sporadico banano, quindi per rifornirsi di frutta e verdura bisogna aspettare l’arrivo della nave dei rifornimenti, che salvo condizioni meteo avverse o guasti tecnici, arriva tutti i mercoledì. La scena che si presenta è sempre la stessa: non appena viene scaricata la nave c’è l’assalto ai due negozi del villaggio. Si fa a gomitate per accaparrarsi quel che arriva, ed è sempre un’incognita. Di solito non mancano verze, carote, patate e se si è fortunati anche pomodori e melanzane. Per quel che riguarda la frutta, sembra incredibile ma è più facile trovare le mele importate dalla Nuova Zelanda che le papaye ed i manghi le cui piante a Tahiti grondano di frutti.
Se non si è presenti quando la merce viene esposta e si arriva anche solo con mezz’ora di ritardo non si trova più niente!

È proprio un mercoledì di metà luglio che facciamo una buona scorta di fresco e partiamo per una tranquilla veleggiata notturna . La destinazione è Tahanea, un atollo disabitato che si trova ad un’ottantina di miglia da Fakarava.
Ci siamo già stati in passato e lo amiamo per i colori mozzafiato della sua laguna e per le sue acque cristalline. Questa volta ne approfittiamo con calma esplorando anche zone che non conosciamo. Un mese di godimento assoluto insieme agli amici norvegesi, Carine e Bruce di Noxoma, e gli americani Carmen e Tom di Sauvage, e Gill e Michael di Gerty.






Un giorno vediamo a poppa della ZoomaX lo sbuffo di una balena, abbastanza lontano, ma in avvicinamento. Dopo poco capiamo che sono due, e non solo respirano in superficie ma le vediamo anche battere le pinne ventrali (flipper-slapping) , tirare fuori la testa (spy hopping) e saltare fuori dall'acqua (breaching). Sono megattere. Quando sono a poche centinaia di metri ci avviciniamo con il tender, e insieme a noi gli equipaggi delle altre barche ancorate nei paraggi. Teniamo una distanza di sicurezza perché c'è anche un piccolo. Effettivamente notiamo che la balene hanno un atteggiamento protettivo nei suoi confronti e quando ci avviciniamo troppo il maschio si separa dalla mamma che resta con il piccolo e si allontana per creare un diversivo e cercare di attirarci verso di lui. Restiamo affascinati ad osservarle per più di un’ora, poi si spostano verso il centro della laguna.

Questa è la stagione in cui le megattere migrano dall’Antartide per venire a partorire nella acque calde e protette dei tropici. La Polinesia Francese e Tonga sono dei veri santuari per la loro osservazione.






L’ancoraggio cui è stato dato il nome Seven, per la forma del reef che lo protegge, è bello da togliere il fiato. Ancoriamo in poco più di tre metri d’acqua con la chiglia della zoomax che quasi spazzola il fondo sabbioso con il brandeggio della barca. Nella foto si vede Paolo che ci passa giusto giusto.
Ci sono due piccoli motu. Ci andiamo a nuoto. Nel più grande dei due c'è l'insediamento di un ricercatore francese che si è stabilito qui per un anno per studiare i Prosobania parvirostris (chevalier des tuamotu, o titi in polinesiano), piccoli uccelli endemici, specie protetta a rischio di estinzione. Ad osservarli si capisce perché sono in pericolo. Hanno un atteggiamento troppo confidente, si lasciano avvicinare molto, scappando senza convinzione proprio solo all'ultimo momento. Il ricercatore si è costruito una capanna sopraelevata in mezzo al motu e ha un piccolo trimarano della Hobie per spostarsi nell'atollo. Purtroppo in queso periodo è assente, peccato, sarebbe stato interessante conoscerlo.






A fine agosto ritorniamo a Fakarava per l’arrivo di  Vittoria, la nipote acquisita che abbiamo visto nascere e crescere, e che prima di affrontare il quinto anno del Politecnico e laurearsi in Design Industriale si è concessa una lunga vacanza agli antipodi. Dopo aver fatto un bel giro a Tahiti e Moorea, ci raggiunge alle Tuamotu con un volo interno.

Sappiamo che con lei ci divertiremo un mondo, era già cosi quando veniva in barca da bambina con gli altri nipoti.

È bello vedere la meraviglia nei suoi occhi quando si immerge nella pass sud di Fakarava, e ammirare la determinazione con cui impara ad andare sul kite surf, senza mollare nonostante i voli e le bevute. Si adatta ai ritmi di vita in barca con una naturalezza sorprendente, anche nei quasi cinque giorni di traversata verso le Marchesi, quasi tutti di bolina!







Già, la nostra permanenza in Polinesia sta per giungere al termine, e ripartiremo proprio dalle Marchesi, che 11 anni fa furono il primo scalo, il primo arcipelago polinesiano che visitammo . Allora il tempo pessimo si accanì: nuvole basse perenni ed incessante pioggia torrenziale sembravano volerci nascondere la bellezza di queste isole. Speriamo questa volta si concedano.
Arriviamo in piena notte a Fatu Hiva, nella famosa baia delle Vergini. Svegliarsi al mattino in un ancoraggio che si è raggiunto con le tenebre è sempre emozionante. Lo è ancora di più quando ai nostri occhi si presenta questo spettacolo.


Fatu Hiva, Baia delle Verigini

Dopo tanti mesi alle Tuamotu, la vista di queste montagne imponenti ricoperte da una vegetazione così rigogliosa è come una boccata di ossigeno puro, ci carica di energia e ci mette di buon umore! 




Ad Hanavave, il piccolo villaggio della Baia delle Vergini, ogni casa ha un giardino pieno di fiori e di piante cariche di frutti. La natura su queste isole è generosa ed è proprio su questo che si fonda la vita della popolazione di queste isole. È facile attaccare bottone con i marchesani. Sono aperti, desiderosi di descrivere con orgoglio la loro quotidianità che per molti è fatta di caccia, di pesca e di lavoro nei campi. In pochi hanno uno stipendio mensile sul quale contare, ma non aspirano neppure ad averlo. Ci dicono che la terra ed il mare forniscono loro tutto ciò che serve. In molti hanno anche vissuto altrove, a Tahiti o anche in Francia, ma sono tornati perché qui sono più felici. A completamento d’informazione bisogna dire che la buona qualità di vita ed il benessere della popolazione sono senza dubbio favoriti anche dagli ottimi sistemi sanitari ed educativi, forniti e finanziati dalla Francia.
Saltelliamo tra un’isola e l’altra, che sotto il sole, si mostrano in tutta la loro bellezza. 

Hiva Oa, costa nord

Hiva Oa, Grand Tiki

Hiva Oa, Tiki souriant



Tahuata, Hanamoenoa, la baia delle mante

Tahuata, Hanamoenoa


Ua Pou

Ua Pou, Hakahetau

Ua Pou, foresta di pandani

Ua Pou


Nuku Hiva, Baie Taiohae

Il 16 ottobre giunge il momento di partire. Si riattraversa l’oceano Pacifico, questa volta verso est, con destinazione Panama. Una traversata fuori dalle rotte comuni, che affrontiamo con un sentimento contrastante di curiosità e di preoccupazione. Sarà lunga, oltre 4.000 miglia, e caratterizzata da condizioni meteo incerte. 




Nel momento in cui scriviamo le ultime righe di questo post, stiamo avvistando terra americana, tra poche miglia arriveremo a Panama City.

Ma questa è un’altra storia che scriveremo a breve.


Abbiamo realizzato alcuni video che descrivono in immagini quello che qui raccontiamo a parole. Chi fosse interessato li trova sul nostro canale Youtube Sailing Yacht ZoomaX