Andare per mare, per conoscere la terra



martedì 29 aprile 2025

Ritorno nel Kuna Yala e breve puntata in Colombia

Photo credit: Blue Griffin


Si torna alle San Blas, dopo 12 anni. È un arcipelago di oltre 300 isole controllate dalla popolazione indigena dei Kuna che, grazie ad un trattato del 1925 con lo stato di Panama, ha ottenuto un’autonomia che consente loro di poter vivere nel rispetto delle loro tradizioni. Ai Kuna il nome San Blas, attribuito all’arcipelago dai colonizzatori spagnoli, non piace. Il loro territorio, che comprende anche una vasta zona sulla terraferma si chiama Kuna Yala. Trovate maggiori informazioni nel post pubblicato in occasione della nostra prima visita: kuna-yala-san-blas.html

 

Insieme agli amici Giulietta e Paolo che ci hanno raggiunto per un paio di settimane facciamo ‘island hopping’, espressione inglese che rende bene il saltellare senza difficoltà da un’isola all’altra (se fate zoom sulla mappa in alto a destra potete vedere le tracce del nostro andirivieni). Il contesto favorisce uno spirito di relax totale. La breve distanza tra le isole comporta navigazioni di massimo un’ora, in acque tranquille, protette dalla barriera corallina esterna che si estende lungo il lato sopravento dell’arcipelago. Gli ancoraggi sono numerosi, a ridosso degli isolotti, generalmente su fondali sabbiosi. Il vento proviene con costanza da NNE, generalmente tra i 10 ed i 20 nodi ed il tempo, pur variabile, in questa stagione tende al bello. Le condizioni favorevoli invitano all’esplorazione, sia a terra che in mare. 

 






Durante le nostre esplorazioni marine troviamo diversi giardini di corallo sani e rigogliosi, con una grande varietà di corallo nero, gorgonie, spugne, coralli duri tra cui bellissimi coralli cervello.


Le isole continuano ad essere in gran parte disabitate. Su alcune si trova solo una piccola capanna, munita di amache per dormire e spesso senza pareti, abitata saltuariamente da una famiglia kuna che si prende cura della manutenzione e della pulizia dell’isola.

In alcune zone, soprattutto a Cayo Holandes, si vedono i  primi segni di un interesse verso il turismo che nel 2013 non si percepiva. A Banedup, Ibin, un kuna che in passato ha fatto il cuoco in Polinesia, ha aperto un ristorante. È una struttura costruita sull’acqua con pochi materiali, legno e foglie di palme. Si mangia bene, pesce e aragoste a prezzi ragionevoli. Sull’altro lato dell’isola è sorto un piccolo resort, anche quello molto semplice e ben inserito nel contesto essenziale che caratterizza questo arcipelago.





Purtroppo il nostro gironzolare ci riserva anche qualche brutta sorpresa. All'arrivo a Coco Bandero, che ricordavamo come uno dei posti più suggestivi, il paesaggio che si presenta ai nostri occhi ci lascia senza parole. Una delle isole è scomparsa! Non sappiamo se la causa sia da attribuire al cambiamento climatico o all'incuria della popolazione locale che a forza di tagliare palme ne ha provocato la totale erosione...ma che tristezza!
 



In questi anni è decisamente aumentato il numero di barche da diporto, rispetto alla prima volta che siamo venuti. Sono di due categorie: la prima comprende le barche in transito che si fermano alle San Blas per qualche settimana per poi proseguire verso ovest, in Oceano Pacifico, attraverso il canale di Panama. La seconda categoria, ben più numerosa, è stanziale, sono barche che sono arrivate fin qui da tutto il mondo e si sono fermate. Molte fanno occasionalmente charter, e gli ospiti nella maggior parte dei casi sono viaggiatori che inseriscono nel loro programma di viaggio in centro-sud America qualche giorno in barca, generalmente non più di 3-4, per visitare queste isole e riposarsi. Un modo di fare charter decisamente diverso da solito.

Tra tutti i paradisi tropicali che abbiamo visitato in questi anni, le San Blas  rappresentano senza dubbio il miglior compresso tra isolamento e vivibilità. La sua vicinanza alla costa panamense consente di  poter trascorrere mesi in questo arcipelago godendo del suo contesto selvaggio senza soffrire la mancanza di quei beni di consumo che rendono la vita ‘comoda’. 

I kuna fanno spesso il giro delle barche a vendere frutta e verdura oppure pesce e aragoste. 

 



 Se si ha bisogno di rimpinguare la cambusa di prodotti a lunga conservazione, di articoli per la cucina o casalinghi in generale li si può ordinare online al grande magazzino Pricesmart di Panama City (tipo Metro in Italia ma accessibile anche ai privati) e farseli consegnare in barca tramite un servizio organizzato dai kuna, con un sovrapprezzo accettabile. In caso di necessità si può anche chiedere al 'corriere' di effettuare altre fermate presso negozi specifici, per acquistare ad esempio piccole parti di ricambio, prodotti di informatica, etc .  

Questi servizi si traducono a bordo in una vita in totale relax, di cui godiamo appieno con amici vecchi e nuovi

A mollo con Anita e Fred di Ciganka (photo credit: Blue Griffin)
 
Giulietta e Paolo in esplorazione


Cecile e Sylvain di Stella Maris, con loro un bellissimo ritrovo dopo 5 anni

 
Per chi non sente l’urgenza di esplorare nuovi orizzonti, ma gode della vita in barca, immersi in una natura incontaminata, questo è sicuramente un buon posto per fermarsi.
A noi invece dopo qualche settimana viene il desiderio di guardare oltre confine. Vorremmo raggiungere la Colombia, ma il vento non collabora, soffia senza sosta da NE, proprio controvento sulla rotta per raggiungere Cartagena. Dopo un lunga attesa desistiamo e mettiamo in atto il piano B. Si va in aereo. Torniamo quindi a Shelter Bay, il marina di Colon dove abbiamo lasciato la ZoomaX durante il nostro viaggio in Italia, non senza fare prima una sosta a Portobelo, teatro in passato di feroci battaglie tra spagnoli e inglesi. Oggi è un piccolo paese accogliente.
 
Fuerte de San Fernando
Fuerte Santiago




I voli da Panama alla Colombia sono numerosi e a buon prezzo, soprattutto con la compagnia low cost Wingo. 

Ci concediamo pochi giorni per questa trasferta quindi decidiamo di concentrare la nostra attenzione su due sole città, Medellin e Cartagena da Indias. 

Situata a 1500 metri di altitudine Medellin è soprannominata la città dell'eterna primavera. I 20° con cui ci accoglie ci predispongono bene fin dallo sbarco dall’aereo, dopo il gran caldo patito a Panama. L'aeroporto si trova ancora più in alto, a 2150 mt, e nel viaggio in Uber per raggiungere la città, capiamo fin da subito di essere finiti un posto speciale. Scendiamo lungo una strada che ci ricorda quelle delle nostre Alpi, finché la folta vegetazione si interrompe e ci affacciamo su una metropoli di quasi 3 milioni di abitanti che oltre ad occupare tutta la vallata si arrampica  su per i pendii delle montagne circostanti.

Per comprendere l’atmosfera che si respira a Medellin bisogna fare un passo indietro. La città, nata nel XVII secolo in una delle valli più settentrionali della cordigliera delle Ande, ebbe una popolazione in crescita esponenziale a partire dalla metà del ‘900, quale rifugio dalle persecuzioni nelle zone rurali da parte della guerrilla e del narcotraffico. Questa gente in fuga occupò abusivamente le pendici delle montagne che circondavano la città creando le decine di barrios che oggi la caratterizzano. La povertà di questi luoghi favorirono, a partire dagli anni ’70, le violente guerre tra bande e quelle tra i guerriglieri ed i paramilitari che resero Medellin uno dei luoghi più pericolosi al mondo in cui vivere. Negli anni 2000 è cominciato un grande progetto di riqualificazione urbana, basato su una politica di inclusione sociale che ha avuto come scheletro la costruzione della metropolitana e di diverse funivie con l’obiettivo di facilitare la mobilità ed avvicinare al centro cittadino i quartieri più poveri e lontani. La trasformazione della città continua tutt’ora con l’apertura di nuove scuole, ospedali, biblioteche e parchi anche nelle zone più degradate. Tutti questi interventi di urbanizzazione sociale, uniti ad una politica fiscale che ha attratto un elevato numero di start up, rendono Medellin oggi una delle città più innovative al mondo.

Pernottiamo al Poblado, quartiere, decisamente turistico, dove si trovano la maggior parte degli hotel e dei ristoranti.
Per muoverci in città prendiamo la metropolitana, moderna, pulita.  Andiamo in centro, poco interessante dal punto di vista architettonico ma umanamente molto vivace.
Ci rechiamo in Plaza Botero, una piazza che è stata progettata in funzione delle 23 sculture donate dall’artista a Medellin, e che lui stesso ha contribuito ad allestire, facendo in modo che venissero posizionate senza barriere che impedissero la vicinanza tra l’arte e la gente. 

 


C’è un articolo fotografico interessante che racconta questo atto d’amore di Botero nei confronti della sua città: plaza-botero-regalo-eterno-del-maestro-a-medellin- 

La cattedrale di Medellin non offre particolare interesse artistico se non quello di essere la più grande chiesa al mondo costruita interamente in mattoni

Visitiamo la Comuna 13, un agglomerato di barrios che negli anni '80-'90 fu epicentro di violenza e che oggi si sta trasformando in un museo a cielo aperto fatto di murales che raccontano la sua rinascita. Centinaia di turisti ogni giorno vanno su è giù per le scale mobili che si addentrano in questo quartiere che fino a pochi anni fa era inavvicinabile. Laura, la giovane guida che ci accompagna e che è cresciuta qui nella Comuna 13, non ci nasconde però che lo sviluppo, forse troppo rapido, sta portando altri problemi. Questa trasformazione sta accentuando la disuguaglianza  tra chi ne beneficia (gli abitanti e le attività commerciali che si trovano nei pressi delle scale mobili) e chi no, e favorendo una escalation del racket delle estorsioni.



A due ore di autobus da Medellin raggiungiamo Guatapé, una cittadina coloniale molto turistica, le cui case, dipinte in vivaci colori pastello, sono famose  per i loro pannelli decorativi, chiamati zócalos. Poco lontano si erge la  Pedra de Peñol una roccia alta 200 metri. Sono 650 i gradini da fare per raggiungere la cima e godere della vista del Embalse del Peñol, un lago artificiale creato negli anni ’70, per alimentare una centrale idroelettrica che oggi fornisce il 30% dell’energia di tutto il paese.




 
 

 

Con un’ora di volo raggiungiamo Cartagena da Indias. Concordiamo fin dal primo sguardo con la definizione che le hanno dato Giulietta e Paolo: la Saint Tropez colombiana! Un centro storico senza dubbio scenografico, molto ben conservato ma difficile da apprezzare per la massa di turisti che lo invadono giorno e notte e per l’insistenza con cui ristoratori e commercianti offrono i loro prodotti e servizi. Il caldo torrido rende la visita ancora più faticosa. La mattina presto si rivela essere l’unico momento per godersi quella che è considerata una delle città più belle del Sud America. L’architettura coloniale si esprime qui al suo apice con magnifiche case e palazzi adornati da balconi in legno intagliato spesso ricoperti da rigogliose buganvillee fiorite. Le chiese in pietra arenaria sono imponenti pur nella loro essenzialità. Passeggiare sulle massicce mura che circondano la città storica fornisce una prospettiva diversa, una bella vista sulla città moderna e sull’oceano.

 
 






In conclusione segnaliamo l'hotel di Medellin dove abbiamo alloggiato, in cui ci siamo trovati bene per il confort della stanza, moderna e ben attrezzata, ma ancor di più per la sua silenziosità, caratterisitca molto rara da trovare al Poblado:           

- Moabi -Hotel, Carrera 43B # 12-147, Medellin

Citiamo infine due buoni ristoranti, uno a Medellin, l'altro a Cartagena:                  

- Idillico, Calle 12 # 43d -21, Barrio Manila - El Poblado, Medellin.                         

- Sambal bistro caribeño, Calle Medi Luna, Cl. 30 #9 - 47, Cartagena de Indias


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