Andare per mare, per conoscere la terra



venerdì 31 maggio 2013

Oceano Pacifico del Sud


La traversata pacifica, dalle Galapagos alle Marchesi, è il tratto più lungo di tutto il giro del mondo. Sono oltre 3000 miglia di oceano, al di fuori delle rotte commerciali, quindi è raro incontrare qualcuno. Noi, in 18 giorni, abbiamo incontrato soltanto 3 navi. In questa stagione ci sono molte barche a vela che attraversano questo oceano, ma pur partendo insieme dalle Galapagos, ciascuno sceglie la sua rotta e prende il suo ritmo di navigazione e nel giro di un giorno ci si perde di vista.
Come in Atlantico, abbiamo provato sensazioni forti. Avevamo cercato di descriverle nel relativo post (lo si può rileggere nella sezione 2013/gennaio/transat); per non ripeterci ma volendo aggiungere qualche cosa, tentiamo di rispondere a chi ci chiede: ”Cosa fate tutto il giorno? Non vi annoiate?” e  raccontare come si passa il tempo quando ci si trova in mezzo all’oceano, lontano da tutto e da tutti, soccorsi compresi.
La quotidianità è scandita da ritmi diversi rispetto a quando ci si sposta lungo costa. La navigazione appunto, cominciamo da quella: durante il giorno si cerca di ‘far camminare la barca’, quindi al mattino si decide, per esempio, se issare il gennaker; noi ci diamo come limite massimo i 20 nodi di vento reale, se è più forte, si va a ‘vele bianche’ decidendo rispetto ai terzaroli e a quale fiocco usare. Nonostante questo siamo riusciti a procurare al nostro gennaker uno strappo a forma di 7! Ogni tanto ci mettiamo anche al timone, per divertirci o per dare il cambio al povero Ambrogio (il nostro pilota automatico) che durante le lunghe navigazioni è in servizio 24 ore su 24. Il vento durante questa traversata è stato piuttosto variabile, con balzi improvvisi di 10-15 nodi, e anche la direzione saltava da sud a sud-est fino ad essere un est pieno sul finale; questo ha richiesto continue regolazioni e cambi di vela.
Tutti i giorni, poi, facciamo un controllo dell’attrezzatura: stato dei grilli, punti di usura, etc. e se necessario provvediamo alle riparazioni. Per quanto riguarda la manutenzione ordinaria della barca, cerchiamo di fare tutto il possibile in navigazione.... all’arrivo in Polinesia, vorremmo non avere acciai da lucidare, pulegge da ingrassare, legni da trattare!
Si passa anche molto tempo in cucina... in oceano non ci sono gastronomie, panetterie o ristoranti, ma noi restiamo delle buone forchette. Così ci sbizzarriamo nella preparazione di piatti sfiziosi e creativi, di cui spesso il pesce è protagonista. Il Pacifico finora ci ha regalato 3 tonni, 1 dorado, 1 wahoo taglia XL,



senza contare quelli che abbiamo perso. Per giorni interi non filiamo la lenza, in attesa di finire le scorte. Abbiamo pescato anche uno squalo, ma questa è un’altra storia che abbiamo già raccontato!
In traversata si leggono molti libri, ed è un gran piacere! Anche guide nautiche e turistiche, per preparasi all’arrivo nel nuovo paese.  Si scrive anche molto, il diario di bordo, tutti i giorni, le mail alle famiglie, il blog, un buon esercizio. Guardiamo spesso dei film, grazie allo ZPod, ed ascoltiamo buona musica.
Quando viene sera cominciano i turni di guardia che coprono 12 ore tra le 20.00 e le 8:00. In altre traversate ci eravamo organizzati con 4 turni alternati di 3 ore ciascuno. Questa volta, invece, viste le condizioni meteo tranquille ed il poco traffico, abbiamo deciso di fare 2 turni di 6 ore, il primo dalle 20.00 alle 2.00 e il secondo dalle 2.00 alle 8.00. Questo perché anche durante il turno di guardia ci permettevamo di dormire, svegliandoci ogni ora per controllare le condizioni del mare e del vento e l’eventuale presenza di qualcuno nei paraggi. Durante queste nottate senza luna abbiamo iniziato a conoscere il cielo dell’emisfero sud e le sue costellazioni. Il cielo è così scuro che le stelle brillano anche quando sono basse sull’orizzonte. La luminosità diffusa dalla Via Lattea è tale che la notte non è comunque nera. Se non si accendono luci che ingannano l’occhio, il mare si vede ugualmente. Diversa è la situazione quando il cielo è coperto: non si vede un’ostia.
Questo è in sintesi cosa facciamo mentre traversiamo un oceano. Niente di speciale, per chi mastica un po’ di navigazione. Speciale invece, è il modo in cui viviamo questa quotidianità, con un atteggiamento positivo, anche nelle situazioni difficili. Prendiamo ad esempio l’osservazione del cielo notturno. Tutti noi sappiamo come la notte rappresenti il momento in cui le paure si acuiscono. Eppure basta captare un filo di luce che ci permette di vedere i profili della barca, delle onde, del cielo, e ci sembra subito che non ci sia nulla da temere. Nonostante ciò non abbiamo mai mancato, durante i turni, di mettere al polso il trasmettitore di posizione (il life tag è un bracciale che indossiamo quando siamo soli in coperta e che, in caso di caduta in mare, lancia un allarme a bordo e trasmette la propria posizione fino al momento del recupero).
Anche la relazione tra noi due è diversa rispetto a quando vivevamo a terra. Non è sempre un idillio, spesso discutiamo, talvolta litighiamo, ma qui non c’è via di fuga, le questioni vanno risolte, ed il desiderio di ritrovare l’armonia è tale da trasformare momenti di scontro in occasioni per unirci ancora di più.
C’è un altro aspetto della navigazione oceanica che provoca una specie di... chiamiamola illusione, il silenzio. È vero, è un silenzio relativo, c’è il vento, lo sciabordio dell’acqua, il cigolio dell’attrezzatura, ogni tanto il generatore che gira. È un silenzio di parole, di esseri umani. Entrambi ci siamo confessati di aver talvolta sentito delle voci... non siamo diventati matti, però è così. Voci allegre, festanti. A me (Paolo) piace pensare che siano di coloro con i quali avrei amato condividere queste esperienze, ma che per un motivo che tutti ci accomuna non sono più fra noi. A me (Anna) piace pensare che sia la natura che ci circonda, che ci accoglie e ci protegge.