Come ormai sembra diventata un’abitudine, anche questa volta abbiamo da raccontare qualche cosa di speciale inerente il post precedente.
Ancora a Maupiti, il giorno prima della nostra partenza, siamo usciti dalla pass con lo ZoomaXino alla ricerca delle balene. Ci è andata bene! Siamo in compagnia di Bram, Vivian, Flora e Leopoldo e, con i nostri tenderini, ci ritroviamo fianco a fianco con due begli esemplari di megattera. Stazionano piuttosto vicino alla pass, dove l’acqua è un po‘ torbida a causa della corrente uscente dalla laguna, immergendosi e riemergendo ogni dieci minuti circa per respirare.
Si spostano poco permettendoci di entrare in acqua ed ammirarle abbastanza da vicino tentando perfino di nuotare con loro (Claudio, no way, sono troppo veloci per noi.... un leggero colpo di coda e già sono lontane!).



L’emozione è grande, la piccola Flora, quasi due anni, al loro apparire lancia gridolini che non capiamo bene se siano di gioia o di preoccupazione. Perfino Leopoldo, in genere diffidente, si tuffa in acqua!
Il fondale su cui si muovono è attorno ai 20-30 metri e quando si immergono spariscono nella nebbia. In uno dei tentativi di andarle a cercare Paolo si ritrova faccia a faccia con una balena che, come un Cristo degli abissi, è rivolta a candela verso di lui con le sue grandi pettorali aperte..., lo vorrà abbracciare?
Si parte! La destinazione è ancora un atollo della Polinesia francese. Non riusciamo tanto facilmente a lasciarci alle spalle questo paese, decidiamo così di fare ancora una tappa a Mopelia.
ZoomaX è la capofila di una specie di convoglio di barche amiche: Yaya, Felice, Ithaka, Duende, Skye e Sirena of Oare.
Sono un centinaio le miglia da percorrere, l’arrivo è previsto l’indomani in mattinata. Ci aspetta una delle pass più strette mai affrontate, 18 metri, profondità minima di 4,5 m, corrente importante e inoltre, la cartografia la posiziona erroneamente, 200m più a nord.

Felice entra per prima e mentre restiamo in attesa che finisca il suo percorso, Jo chiama sul 16 annunciandoci di avere toccato con la chiglia su un testa di corallo! Yaya, che non è in ascolto, entra a ruota.... e per fortuna passa senza incidenti. Tocca a noi, dopo aver fatto un bel respiro …. via ….. entriamo a manetta, senza guardare il plotter che ci dichiara spacciati sul reef... la sorte e la presenza di Rod, amico neo zelandese che col suo tender ci fa strada, ci consentono un ingresso senza problemi.
In laguna vi sono già diverse barche ormeggiate, tra queste State of Mind, di Rod e Brenda, e Saliander, già incontrati a Tahanea.
Ci ormeggiamo sul lato est della laguna, l’indomani vorremmo vedere la pass in immersione. La giornata è bella, Leopoldo ci fa assistenza in superficie, la corrente è uscente, ci immergiamo e, trascinati rapidamente verso l’oceano, vediamo con i nostri occhi l’orografia del fondo della pass comprendendo come Felice possa aver toccato. C’è un sacco di pesce, dentici rossi, una decina di squali grigi, un pinna bianca, una manta, un’aquila di mare, tonni denti di cane, un bel assembramento di barracuda pinna gialla, un relitto e, dopo essere passati attraverso un vortice che ci ha sballottati su e giù per la gioia nostra e dei computer subacquei ci ritroviamo in oceano.
L’acqua è meravigliosamente limpida e, dopo aver esplorato la parete a sud della pass, cominciamo la risalita. Il corallo è per lo più in cattivo stato, tranne nelle zone più protette.
Ad un certo punto avvistiamo qualche cosa che subito non siamo in grado di riconoscere. Una volta più vicini ci rendiamo conto di essere capitati proprio nel bel mezzo di un festino: due guardoni, che se la daranno a gambe al nostro arrivo, e due protagonisti che, loro malgrado, si faranno filmare durante le loro sfrenate evoluzioni...
Alla sera viene organizzata una bella festa a casa di Hina, una dei 7 abitanti di Mopelia! Siamo almeno 30 persone. Tutti portano da mangiare e da bere, e dopo cena..... canti e balli polinesiani!

Il giorno dopo si parte per le Cook Islands. Sono 15 isole tra la Polinesia francese e Tonga, sparpagliate nell’oceano e molto distanti una dall’altra. Questo ci costringe a sceglierne una da visitare, saltando le altre. Dopo varie riflessioni, decidiamo di fare tappa a Rarotonga, dove si trova la capitale, Avarua, che concentra la quasi totalità della popolazione; ci piacerebbe vedere come vivono i Cookiani (si dirà così?).
Partiamo in flottiglia, con noi: Yaya, Skye, Duende, Ithaka e Sirena of Oare. Sparati come proiettili fuori dalla pass dando uno sguardo alla nostra poppa per controllare che su Yaya tutto proceda bene, una megattera ci regala lo spettacolo di un paio di tuffi a “tutto corpo” con una vera esplosione di spruzzi. La giornata è splendida, colori mozzafiato, il mare di un blu impensabile e le megattere che ci salutano... cosa si può desiderare ancora? Forse un po’ più d’aria... i 10-12 nodi di vento sono un po’ pochini per un’andatura portante. Ad ogni modo ci diamo da fare per far camminare la ZoomaX riempiendola di vele...


Il secondo giorno di traversata il vento rinfresca e mercoledì 11 settembre, dopo 68 ore di navigazione, arriviamo a Rarotonga sotto violenti groppi e raffiche a 35 nodi.
L’isola nella sua conformazione ricorda un po’ Moorea con montagne lussureggianti, picchi e pinnacoli all’interno, ed una barriera lungo la costa, molto vicina, praticamente senza laguna.
La sosta ad Avarua si rivelerà complicata. Il porto, prevalentemente dedicato al traffico commerciale, è esposto a nord e comunque soggetto a forte risacca.


Per i primi 4 giorni soffia un forte vento da ENE che non garantisce la sicurezza delle barche in porto, quindi restiamo a bordo salvo per qualche puntata a terra per sbrigare le formalità doganali e fare qualche veloce commissione. La cittadina è comunque simpatica, con una grande strada commerciale lungo il mare e stradine trasversali che portano alle zone residenziali; la gente è molto cordiale e disponibile, come in Polinesia francese, ma con un tocco ‘british’. La cattedrale di St. Joseph è una bella costruzione circolare, accogliente, luminosa. Le funzioni sono molto frequentate, durante le quali i bambini giocano nel bel giardino antistante, ricco di bouganvilles, frangipane e arbusti di tiaré. Il sabato mattina c’è il mercato, proprio vicino al porto, vivace, e c’è un supermercato ben fornito, tutto proviene dalla Nuova Zelanda.
Lunedì finalmente le condizioni meteo ci consentono di visitare Rarotonga. Affittiamo una macchina con Vivian, Bram e la piccola Flora, e facciamo 2 volte il giro dell’isola (circa 32 Km di circonferenza). Il primo lungo il mare, fermandoci sulla costa est per pranzare in un ristorantino sulla spiaggia dell’unica zona in cui ci sono dei motu e un po’ di laguna. Qui si concentrano gli alberghi (le Isole Cook sono luogo prediletto dai neo-zelandesi per brevi vacanze). Nel pomeriggio prendiamo la strada parallela, più all’interno, che costeggia campi coltivati. Tanti alberi di papaye, manghi, tuberi, banani, e altro. Le abitazioni, sempre pre-fabbricati di legno colorati, sono più curate rispetto alla Polinesia francese, quasi tutte con magnifici prati intorno e fiori ovunque.
Martedì facciamo un trekking di 4 ore insieme ad un gruppo di amici. Attraversiamo l’isola a piedi lungo un sentiero che risale le montagne verso il centro e scende dall’altra parte. Il percorso è stretto e ripido, il suolo è ricoperto di radici che nei tratti più impervi formano delle incredibili scalinate naturali.

Troviamo decine di orchidee selvatiche sugli alberi. Peccato non sia stagione di fioritura…
In alto si cammina a lungo in cresta, senza quasi rendersene conto per la folta vegetazione che ostruisce la vista.
Solo in un punto vediamo per un attimo le vallate sotto di noi ed il mare a nord e a sud.
Sul lato sud scendiamo lungo un ruscello e troviamo delle enormi felci, bellissime.
Rientriamo al porto con l’autobus.
Le previsioni per i prossimi giorni danno vento a 20-25 nodi da est-sud-est, le condizioni ideali per andare a Niue, nostra prossima destinazione. Si parte mercoledì 18, nel pomeriggio.
La traversata è piacevole, salvo l’ultima notte, in cui riduciamo tela, per rallentare e non arrivare con il buio, con il risultato di subire maggiormente le onde. Arriviamo a Niue domenica 22 settembre, al mattino, dopo aver percorso 603 miglia e pescato un bel wahoo di un metro.
L’isola appare all’orizzonte con il sorgere del sole. E’ un grande tavolato corallino alto qualche decina di metri sul mare. Passiamo a sud per raggiungere la costa ovest e ci fermiamo ad una boa del Niue Yacht Club. L’acqua ha una trasparenza incredibile. Vediamo bene il fondo, quasi 40 metri sotto di noi.

Niue è il più piccolo stato indipendente al mondo, pur in libera associazione con la Nuova Zelanda. Nel 2004 è stato vittima di uno dei più violenti uragani della storia, Heta, che ha scagliato sull’isola venti a 300 Km/h e onde alte 50 metri. A seguito di questo evento devastante molti abitanti sono emigrati in Nuova Zelanda e ora Niue conta soltanto 1.500 teste.
Scendiamo a terra e sbrighiamo le formalità di entrata sul molo, quarantena ed immigrazone, manca l’ufficiale della dogana.... dov’è? Dopo varie ricerche i suoi colleghi lo trovano allo Yacht Club, impegnato a guardare la Coppa America di vela alla televisione! Ci chiede di raggiungerlo là.
Alofi, il principale centro abitato di Niue, è stato interamente ricostruito dopo l’uragano, quindi tutto appare nuovo e ben tenuto.
Nel giro di un paio di giorni arrivano anche le altre barche amiche, Skye, Ithaka, Sirena of Oare, Duende e la banda di scandinavi al gran completo, Felice, Salsa, Miss My. Norvegese è anche Blue Marble, il catamarano che un paio di settimane fa ha avuto un incidente ed è finito a scogli proprio qui a Niue. La notizia si era subito sparsa in radio tra le barche in navigazione nel sud Pacifico. Troviamo l’equipaggio, una numerosa comitiva di amici che non ha perso l’allegria, a terra ospiti da una famiglia locale. Durante la nostra permanenza venderanno il relitto della loro barca ad una giovane coppia di francesi con due bambini, anch’essi di passaggio a Niue.
Affittiamo una macchina e andiamo in giro. La giornata ci riserva una sorpresa dietro l’altra, l’isola è magnifica. L’interno è ricoperto da una fitta foresta, mentre lungo la costa si susseguono grotte e spaccature nella roccia calcarea in cui si creano dei veri e propri canyon e delle piscine naturali bellissime.
Togo Chasm:




La spuma dell’oceano in una giornata tranquilla, sembra neve fresca!
Flora si concede un riposino
Avaiki Cave:
Facciamo il bagno in queste acque cristalline
Limu Pools:
Durante una di queste nuotate, sentiamo sott’acqua il canto delle balene. Non riusciamo a vederle, ma è una grande emozione sentirle.
La acque di Niue sono anche infestate di serpenti di mare, licauta colubrina è il nome scientifico. Pare siano velenosissimi, ma dicono anche che, poiché hanno la bocca troppo piccola, non sono in grado di morderci. Meglio così perché ce li troviamo spesso davanti al naso mentre risalgono velocemente dal fondo per respirare in superficie.
Ultima tappa: Talava Arches:



Purtroppo è ora di ripartire. Saremmo rimasti volentieri ancora qualche giorno a Niue, ma l’arrivo di un fronte previsto per la prossima settimana ci induce a dirigerci velocemente verso le acque più ridossate di Vava’u, a Tonga.
Partiamo sabato 28 settembre. Durante la notte successiva, alla longitudine 171°58’540 passiamo il meridiano diametralmente opposto a quello di Imperia, porto da cui siamo partiti. Siamo esattamente dall’altra parte del mondo!
Un altro evento caratterizza questa breve traversata. La data di lunedì 30 settembre 2013, rimarrà impressa nella nostra memoria per essere un giorno che non avremo mai vissuto! Infatti, entrando nelle acque territoriali di Tonga si passa la linea del cambio data, ed andando verso ovest, si spostano gli orologi avanti di un giorno. Quindi da domenica 29 settembre, siamo passati direttamente a martedì 1 ottobre. Strana sensazione! Nel dubbio abbiamo comunque festeggiato con una delle ultime bottiglie di prosecco gelosamente conservate a bordo!
E ora eccoci nel regno di Tonga, dove ci fermeremo circa un mese, curiosi di visitare uno dei pochi paesi del pacifico a non essere mai stati colonizzati.
Continuiamo a tracciare la nostra posizione su http://www.youposition.it/it/map/3445/andare-per-mare-per-conoscere-la-terra.aspx