La più bella spiaggia mai vista!
Si trova alle coordinate 16°44S 179°6W, sull’isola di Wailagilala, a nord delle Lau, arcipelago ad est di Fiji.
In questo posto da sogno arriviamo dopo una traversata di quasi otto giorni dalla Nuova Zelanda, in cui abbiamo buone condizioni di vento, salutiamo gli albatri che ci accompagnano fino ai 28 gradi di latitudine, ci godiamo il graduale aumento della temperatura, facciamo il nostro record di percorrenza nelle 24 ore, 217 miglia, e ..... soffriamo il mal di mare!
Scegliamo Savusavu come porto d’ingresso dove sbrigare le formalità doganali di entrata a Fiji. I funzionari vengono a bordo uno alla volta, Health (quarantena), poi Biosecurity e infine Customs e Immigration. Sono tutti molto accoglienti e professionali. Dopo una mezza giornata siamo ‘liberi’ di scendere a terra. Savusavu è una piccola cittadina animata e allegra. La popolazione è multirazziale, una buona metà indiani, immigrati ai tempi del colonialismo inglese, gli altri sono nativi e poi c’è una minoranza di arabi e di cinesi.
Dopo due giorni di riposo ripartiamo alla volta delle Lau con rotta Wailagilala. Siamo attratti dalle immagini satellitari di Google Earth che mostrano questa piccola isola che si affaccia su una laguna circondata dalla barriera corallina e con un’unica pass di accesso. La nostra è una scelta inconsueta, infatti non è una destinazione abituale delle barche. Non troviamo alcuna informazione sulle guide nautiche, né sui siti/blog di altri giramondo.
Si trova alle coordinate 16°44S 179°6W, sull’isola di Wailagilala, a nord delle Lau, arcipelago ad est di Fiji.
In questo posto da sogno arriviamo dopo una traversata di quasi otto giorni dalla Nuova Zelanda, in cui abbiamo buone condizioni di vento, salutiamo gli albatri che ci accompagnano fino ai 28 gradi di latitudine, ci godiamo il graduale aumento della temperatura, facciamo il nostro record di percorrenza nelle 24 ore, 217 miglia, e ..... soffriamo il mal di mare!
Scegliamo Savusavu come porto d’ingresso dove sbrigare le formalità doganali di entrata a Fiji. I funzionari vengono a bordo uno alla volta, Health (quarantena), poi Biosecurity e infine Customs e Immigration. Sono tutti molto accoglienti e professionali. Dopo una mezza giornata siamo ‘liberi’ di scendere a terra. Savusavu è una piccola cittadina animata e allegra. La popolazione è multirazziale, una buona metà indiani, immigrati ai tempi del colonialismo inglese, gli altri sono nativi e poi c’è una minoranza di arabi e di cinesi.
Dopo due giorni di riposo ripartiamo alla volta delle Lau con rotta Wailagilala. Siamo attratti dalle immagini satellitari di Google Earth che mostrano questa piccola isola che si affaccia su una laguna circondata dalla barriera corallina e con un’unica pass di accesso. La nostra è una scelta inconsueta, infatti non è una destinazione abituale delle barche. Non troviamo alcuna informazione sulle guide nautiche, né sui siti/blog di altri giramondo.
Dopo una notte di navigazione, avvistiamo la pass d’ingresso verso le 11 del mattino. Nessun problema ad entrare nella laguna, il sole è alto e la pass larga e profonda. L’isola è ancora più bella di quanto ce la immaginassimo. Non c’è nessuno, solo una casetta di legno sulla spiaggia, chiusa. Sbarchiamo e vediamo i segni di ruote che dalla spiaggia seguono una pista verso l’interno dell’isola. La seguiamo e arriviamo ad una piccola casa. E’ chiaramente abitata, ma nessuno risponde ai nostri richiami. Torniamo alla spiaggia e la percorriamo tutta fino alla punta sud-est, camminando accompagnati da una nuvola di uccelli che ci volano sulla testa: fregate, sule, sterne.
Raccogliamo qualche cocco e quando stiamo per tornare in barca ci raggiunge un signore fijano. E’ molto gentile e ha voglia di chiacchierare. E’ il guardiano dell’isola e da 4 anni vive qui con la moglie; non c’è nessun altro in quanto Wailagilala è di proprietà di un australiano, che però non viene mai. I loro contatti con ‘il resto del mondo’ sono sporadici, ad esclusione di una nave che porta loro rifornimenti una volta al mese. Una vita difficile da immaginare!
La nostra seconda tappa è a Vanua Balavu, l’isola più grande delle Lau. Ci ancoriamo davanti al villaggio di Daliconi. A Fiji, in particolare nelle isole remote, è consuetudine recarsi dal capo villaggio, per rendere omaggio e chiedere il permesso di restare sul suo territorio, frequentare il suo villaggio, e pescare nelle sue acque. La tradizione vuole che si porti in dono un mazzo di kava, la radice di una varietà locale di pianta del pepe, dalla quale si ricava un bevanda che ha un aspetto poco invitante, sembra l’acqua di una pozzanghera, il sapore è piccante e dopo qualche sorso le labbra e la lingua perdono di sensibilità. Bevuta in grandi quantità la kava porta un senso di benessere e di rilassamento. Noi ci siamo fermati prima di provarne gli effetti benefici.....
La nostra seconda tappa è a Vanua Balavu, l’isola più grande delle Lau. Ci ancoriamo davanti al villaggio di Daliconi. A Fiji, in particolare nelle isole remote, è consuetudine recarsi dal capo villaggio, per rendere omaggio e chiedere il permesso di restare sul suo territorio, frequentare il suo villaggio, e pescare nelle sue acque. La tradizione vuole che si porti in dono un mazzo di kava, la radice di una varietà locale di pianta del pepe, dalla quale si ricava un bevanda che ha un aspetto poco invitante, sembra l’acqua di una pozzanghera, il sapore è piccante e dopo qualche sorso le labbra e la lingua perdono di sensibilità. Bevuta in grandi quantità la kava porta un senso di benessere e di rilassamento. Noi ci siamo fermati prima di provarne gli effetti benefici.....
Nel villaggio di Daliconi vivono 142 persone, in casette di legno, senza cucina (li vediamo cucinare sul fuoco a legna). Hanno la luce elettrica solo dalle 6 alle 8 di sera, quando viene acceso il generatore. Tutto in un contesto molto pulito ed ordinato e all’interno di un meraviglioso giardino tropicale, con enormi manghi, piante del frutto del pane, frangipane, e arbusti fioriti ovunque.
I bambini sono una trentina e vanno tutti a scuola. Parlano bene inglese. Gli abitanti con cui veniamo in contatto sono molto accoglienti se pur riservati e timidi. Vivono di quel poco che coltivano (tuberi, banane, papaie, e poco altro), di pesce, polli e uova. Sono molto orgogliosi della loro vita al villaggio e ci dicono che non la cambierebbero per nulla al mondo con quella di città.
Sono contenti di darci il benvenuto, siamo i primi visitatori dell'anno!
Qui ci raggiungono gli amici Monica e Luigi, con un piccolo aereo che atterra su una pista in erba.
Ci trasferiamo subito a Bay of Islands..... l’origine di questo nome è indubbia
Un insieme di centinaia di isole, isolette, e formazioni rocciose che spuntano dall’acqua come funghi. Ci chiediamo come possa crescere la vegetazione su questi scogli.
Gironzolando con il tender scopriamo decine di anse nascoste e di piscine naturali.
Gironzolando con il tender scopriamo decine di anse nascoste e di piscine naturali.
È un posto davvero speciale. Non avevamo ancora mai visto un contesto geologico di questo tipo.
Sbarchiamo anche su una piccola spiaggia
che si rivela essere bifronte
Lato sud |
Lato nord |
Una parte di Bay of Islands vista dall’alto |
La meteo purtroppo prevede il passaggio di una brutta perturbazione, quindi decidiamo di ridossarci a Bavatu, baia molto protetta, considerata un hurricane hole.
ZoomaX a Bavatu |
Facciamo anche una passeggiata attraverso vallate disboscate adibite a pascolo. Il paesaggio è quasi surreale. A Paolo fa venire in mente il set di Jurassic Park ma, ci sono solo cavalli, vacche e pecore.
Dopodiché 3 giorni chiusi in barca!
Veniamo investiti da violenti groppi, con pioggia a secchiate; un colpo di vento particolarmente forte si infila nella baia, da ovest verso est e ZoomaX gira di 180°, avvicinandosi pericolosamente al reef. Salpiamo immediatamente, con visibilità nulla. Ci portiamo sul lato ovest della baia, e ci attacchiamo ad un gavitello del YC. Incerti sulla sua tenuta, per stare più tranquilli, caliamo anche l’ancora.
Meno male che questa baia è considerata un hurricane hole... dopo quello che è successo, non vorremmo proprio trovarci qui in occasione di un uragano!!!
Veniamo investiti da violenti groppi, con pioggia a secchiate; un colpo di vento particolarmente forte si infila nella baia, da ovest verso est e ZoomaX gira di 180°, avvicinandosi pericolosamente al reef. Salpiamo immediatamente, con visibilità nulla. Ci portiamo sul lato ovest della baia, e ci attacchiamo ad un gavitello del YC. Incerti sulla sua tenuta, per stare più tranquilli, caliamo anche l’ancora.
Meno male che questa baia è considerata un hurricane hole... dopo quello che è successo, non vorremmo proprio trovarci qui in occasione di un uragano!!!
Quando le condizioni meteo finalmente ci consentono di ripartire, affrontiamo 350 miglia di navigazione, quasi tutte di bolina per raggiungere l’arcipelago delle Mamanuca, sul lato ovest di Fiji.
Per fortuna abbiamo una buona scorta di pesce, infatti a Vanua Balavu, nel giro di un paio giorni, abbiamo pescato due begli sgombridi, uno di 4-5 kg e l’altro di 7-8 kg; in francese lo chiamano thazard rayé, il nome scientifico è Scomberomorus commerson. In taliano non lo sappiamo..... comunque la carne ha un’ottima consistenza ed un gusto delicato!
Per fortuna abbiamo una buona scorta di pesce, infatti a Vanua Balavu, nel giro di un paio giorni, abbiamo pescato due begli sgombridi, uno di 4-5 kg e l’altro di 7-8 kg; in francese lo chiamano thazard rayé, il nome scientifico è Scomberomorus commerson. In taliano non lo sappiamo..... comunque la carne ha un’ottima consistenza ed un gusto delicato!
Luigi si cimenta nella preparazione del pane, impasta, impasta, impasta...
Alle Mamanuca facciamo una prima tappa a Musket Cove, baia con yacht club che fornisce comode boe a cui ormeggiare. Il cambiamento di paesaggio rispetto alle Lau è brusco: vi sono parecchie barche e siamo circondati da resort! Andiamo a visitarli, uno dopo l’altro, passeggiando sulle loro spiagge, riposando sulle amache.
Attraversiamo anche la pista di atterraggio per gli aerei, facendo ben attenzione alle istruzioni...
La bassa marea ha il suo fascino.
Il giorno dopo, felici di ripartire, decidiamo di cercare un’isola più vicina ai nostri gusti e la troviamo.
A Navadra, la più settentrionale delle Mamanuca, ancoriamo in quella che doveva essere la caldera di un antico vulcano. La spiaggia è da protocollo, come direbbe Monica, l’acqua limpida e il corallo ricco.
Ci godiamo un tramonto dai colori un po’ sospetti ...
Ciao Monica, ciao Luigi, siamo stati bene. Speriamo di rivedervi presto a bordo di ZoomaX.
Seguite i nostri spostamenti su http://www.youposition.it/it/map/3445/andare-per-mare-per-conoscere-la-terra.aspx?delete=63900