All’alba del nono giorno di navigazione da Rapa Nui, avvistiamo le Gambier. Sono quattro isole e qualche isolotto, tutti all’interno di un unico atollo che racchiude in sé la bellezza di tutta la Polinesia Francese. Le isole sono montagnose e rigogliose come le Marchesi, il turchese della laguna ci ricorda le Tuamotu
Atterriamo a Rikitea, sull’isola di Mangareva, la maggiore.
L’economia dell’arcipelago si fonda sulla ricca industria perlifera. Le perle nere delle Gambier sono considerate le più belle e pregiate. Grandi SUV, simbolo del benessere portato da questa attività, percorrono avanti e indietro la manciata di metri di strada che attraversa il paesino. Il primo incontro a terra è con Yves, un francese di origine piemontese (ex legionario) che vive qui da 25 anni. Ci porta a casa sua, sulla collina e ci regala frutta e verdura del suo orto. Racconta di essere arrivato in Polinesia al seguito dell’esercito francese impegnato nei test atomici effettuati nei vicini atolli di Mururoa e Fangataufa negli anni 1960-1990 e di essersi poi stabilito qui sposando una polinesiana. Infine ci accompagna alla gendarmerie per le pratiche di ingresso in Polinesia.
Trascorriamo quasi un mese alle Gambier.
Atterriamo a Rikitea, sull’isola di Mangareva, la maggiore.
L’economia dell’arcipelago si fonda sulla ricca industria perlifera. Le perle nere delle Gambier sono considerate le più belle e pregiate. Grandi SUV, simbolo del benessere portato da questa attività, percorrono avanti e indietro la manciata di metri di strada che attraversa il paesino. Il primo incontro a terra è con Yves, un francese di origine piemontese (ex legionario) che vive qui da 25 anni. Ci porta a casa sua, sulla collina e ci regala frutta e verdura del suo orto. Racconta di essere arrivato in Polinesia al seguito dell’esercito francese impegnato nei test atomici effettuati nei vicini atolli di Mururoa e Fangataufa negli anni 1960-1990 e di essersi poi stabilito qui sposando una polinesiana. Infine ci accompagna alla gendarmerie per le pratiche di ingresso in Polinesia.
Trascorriamo quasi un mese alle Gambier.
Gli spostamenti all’interno dell’atollo richiedono particolare attenzione, tra teste di corallo affioranti e boe semi sommerse delle ‘fermes perlier’. Adottiamo tutte le precauzioni per navigare in sicurezza: verifichiamo l’accuratezza della cartografia confrontandola con le foto satellitari (dove possibile perché una parte dell’atollo non è cartografato), creiamo a priori la rotta da seguire sul plotter e nel tragitto Paolo sta al timone e Anna fissa di vedetta a prua.
I motu, piccole isole lungo la barriera corallina sono bellissimi, separati da minuscole pass che con la bassa marea quasi scompaiono. L’acqua è limpida, i colori strepitosi.
In mare c’è molta vita. Oltre ai pesci di barriera, vediamo cernie, dentici, carangidi, napoleoni, squaletti pinna nera e pinna bianca, aquile di mare, mante. A causa della ciguatera, qui molto presente, la pesca è limitata a poche specie ed il risultato si vede! I pesci sono tanti e grandi e, non hanno alcuna paura dell’uomo.
La temperatura dell’aria è di 25-28°, quella dell’acqua di 26°, entrambe in calo perché si sta avvicinando l’inverno.
I motu, piccole isole lungo la barriera corallina sono bellissimi, separati da minuscole pass che con la bassa marea quasi scompaiono. L’acqua è limpida, i colori strepitosi.
In mare c’è molta vita. Oltre ai pesci di barriera, vediamo cernie, dentici, carangidi, napoleoni, squaletti pinna nera e pinna bianca, aquile di mare, mante. A causa della ciguatera, qui molto presente, la pesca è limitata a poche specie ed il risultato si vede! I pesci sono tanti e grandi e, non hanno alcuna paura dell’uomo.
La temperatura dell’aria è di 25-28°, quella dell’acqua di 26°, entrambe in calo perché si sta avvicinando l’inverno.
Ad Akamaru, una delle isole abitate, percorriamo un viale ricoperto da un manto erboso, bordeggiato da cespugli fioriti e ombreggiato da generosi alberi da frutta, pompelmi, limoni, banani, papaye, frutti del pane. Si intravedono poche abitazioni nascoste dalla vegetazione. Il viale termina in un giardino idilliaco che circonda un’imponente chiesa.
Conosciamo Germain e Pauline, che si occupano dell'edificio di culto costruito nell’800 dal discusso père Laval, missionario che alle Gambier sperimentò una forma di evangelizzazione della popolazione molto simile ad un regime teocratico.
Partecipiamo con piacere alla funzione domenicale. I canti prevalgono sulla predica che viene officiata in tahitiano ed in parte in francese. Un cerimonia intima e coinvolgente.
Veniamo poi invitati a casa di Germain e Pauline per il pranzo, con piatti tipici che aiutiamo a preparare. Trascorriamo una giornata inusuale con persone interessanti che ci regalano un’immersione nella tradizione polinesiana. Chiacchieriamo a lungo, di tutto. Ci raccontano anche della difficoltà di vivere in una comunità così piccola, nella quale purtroppo si è perso lo spirito di solidarietà e, la gelosia e l’egoismo hanno preso il sopravvento.
Nel nostro girovagare per le Gambier siamo spesso in compagnia di altre barche. Ritroviamo alcuni degli equipaggi incontrati tra le isole cilene, Libertaire, Otra Vida e Galadriel, e ne conosciamo di nuovi, in arrivo da Panama. Come spesso accade, con alcuni nasce un bel feeling. In particolare leghiamo con Ada e John, olandesi a bordo di Rhapsody, con Cécile e Sylvain, franco-canadesi su Stella Maris e con Becca e John, americani su Halcyon.
Partecipiamo con piacere alla funzione domenicale. I canti prevalgono sulla predica che viene officiata in tahitiano ed in parte in francese. Un cerimonia intima e coinvolgente.
Veniamo poi invitati a casa di Germain e Pauline per il pranzo, con piatti tipici che aiutiamo a preparare. Trascorriamo una giornata inusuale con persone interessanti che ci regalano un’immersione nella tradizione polinesiana. Chiacchieriamo a lungo, di tutto. Ci raccontano anche della difficoltà di vivere in una comunità così piccola, nella quale purtroppo si è perso lo spirito di solidarietà e, la gelosia e l’egoismo hanno preso il sopravvento.
Nel nostro girovagare per le Gambier siamo spesso in compagnia di altre barche. Ritroviamo alcuni degli equipaggi incontrati tra le isole cilene, Libertaire, Otra Vida e Galadriel, e ne conosciamo di nuovi, in arrivo da Panama. Come spesso accade, con alcuni nasce un bel feeling. In particolare leghiamo con Ada e John, olandesi a bordo di Rhapsody, con Cécile e Sylvain, franco-canadesi su Stella Maris e con Becca e John, americani su Halcyon.
Il ritmo delle nostre
giornate è scandito dalla luce solare. Ci svegliamo spontaneamente
sempre verso le 06:30, poco dopo il sorgere del sole, e alla sera
ceniamo prima delle 19h00. E ci godiamo finalmente il mare. Nuotiamo,
facciamo snorkeling, andiamo in canoa.
Per adesso non facciamo immersioni, anche perché abbiamo il generatore fuori uso e di conseguenza non possiamo ricaricare le bombole con il compressore. Per fortuna i pannelli solari ed il generatore eolico ci forniscono quasi sempre energia sufficiente per il consumo di routine (frigoriferi, luce, dissalatore, etc). È in navigazione, nelle giornate nuvolose con vento debole, con gli strumenti accesi ed il pilota automatico sempre in funzione, che andiamo in crisi energetica e siamo costretti a ricaricare le batterie con il motore.
Lasciamo le Gambier con dispiacere, ma la temperatura in calo invoglia a salire di qualche grado di latitudine. Dirigiamo sulle Tuamotu; 450 miglia ci separano da Amanu, il primo atollo in cui facciamo una breve sosta, per poi proseguire su Makemo dove la nostra rotta si ricongiunge con quella del 2013.
L’adrenalina per accedere alla laguna degli atolli resta alta a causa delle forti correnti che caratterizzano le pass. Ricordiamo la titubanza con cui avevamo affrontato la nostra prima a Raroia. Ora ci buttiamo con più coraggio, anche con correnti di 4-5 nodi. La ZoomaX sopporta...
Purtroppo il brutto tempo che ci aveva indotto a partire dalle Gambier si ripresenta anche alle Tuamotu. La temperatura è più mite ma la pioggia ed il vento forte ci danno poca tregua per tutto il mese di giugno. I mara’amu (forti venti da sud-est) si susseguono e ci costringono a cercare buoni ridossi nelle lagune. 25-30 nodi a Makemo, altrettanti a Tahanea, 40 nodi a Toau.
Gli
ancoraggi sono spesso dei campi minati: fondo di sabbia disseminato di
teste di corallo, che qui chiamano patate. Il fotogramma di questa
ripresa fatta dal drone di un amico rende l’idea.
Miglioriamo la tecnica di ancoraggio su questo tipo di fondale: leghiamo delle boe galleggianti lungo la catena con una cima in modo da sollevare la catena quel tanto da farla passare sopra le patate più vicine alla barca.
Nelle giornate di sole esploriamo gli atolli e le loro isolette. È la nostalgia di questi colori e paesaggi che ci ha riportato qui in Polinesia.
Nelle giornate di sole esploriamo gli atolli e le loro isolette. È la nostalgia di questi colori e paesaggi che ci ha riportato qui in Polinesia.
Una delle attività che richiede maggiore energia alle Tuamotu è procurarsi del cibo fresco, in particolare frutta e verdura. Sulle isole coralline degli atolli non si riesce a coltivare niente altro che palme da cocco. I piccoli villaggi vengono riforniti da Tahiti via mare, quelli sugli atolli più grandi come Fakarava e Rangiroa un volta alla settimana, gli altri ogni 2-3 settimane. Quando arriva la nave c’è un vero e proprio assalto ai piccoli empori per cercare di procurarsi qualche carota, un paio di verze, delle patate e cipolle e se si è fortunati una manciata di lime e dei miseri pomodori senza sapore, il tutto a prezzi da gioielleria. Un esempio per tutti: 1 kg di pomodori a 11 Euro.
Un’ora dopo è tutto esaurito!
La frutta tropicale, abbondante negli altri arcipelaghi della Polinesia, per qualche oscuro motivo alle Tuamotu non arriva, quindi raccogliamo noci di cocco e le mangiamo in tutti i modi possibili, intere, grattugiate, crude, cotte, ne beviamo l’acqua e ne estraiamo il latte.
Impariamo la tecnica di cattura dei ‘crabs de coco’, granchi che si cibano unicamente di noci di cocco ed hanno una carne deliziosa, il cui sapore ricorda il foie gras.
Un’ora dopo è tutto esaurito!
La frutta tropicale, abbondante negli altri arcipelaghi della Polinesia, per qualche oscuro motivo alle Tuamotu non arriva, quindi raccogliamo noci di cocco e le mangiamo in tutti i modi possibili, intere, grattugiate, crude, cotte, ne beviamo l’acqua e ne estraiamo il latte.
Impariamo la tecnica di cattura dei ‘crabs de coco’, granchi che si cibano unicamente di noci di cocco ed hanno una carne deliziosa, il cui sapore ricorda il foie gras.
La pesca è condizionata dalla massiccia presenza di ciguatera; per precauzione filiamo la lenza solo mentre navighiamo in mare aperto. A volte (raramente) ci regala grandi soddisfazioni.
A Fakarava e Rangiroa finalmente ci dedichiamo alla subacquea. La pass sud di Fakarava è famosa per la ricchezza del suo corallo e l’abbondanza di pesce. Ogni anno, al plenilunio di giugno, avviene un fenomeno unico al mondo: nella pass si radunano migliaia di cernie per riprodursi, tutte allo stesso momento. Queste ovviamente attirano una gran quantità di squali e altri predatori che ne approfittano per banchettare. Hanno contato 18.000 cernie e 700 squali! La rete televisiva francese Arté ha prodotto due documentari, ‘Le mistère merou’ e ‘700 requins dans la nuit’. Molto interessanti e ben fatti.
Arriviamo a Fakarava con qualche giorno di ritardo e ci immergiamo una settimana dopo il plenilunio. La festa è finita ma c’è comunque un bel movimento di pesce. Le pareti della pass sono ricoperte da un folto strato di corallo sano. Oltre a cernie e squali, la pass è frequentata da tonni, carangidi, dentici, barracuda, ed una grande varietà di pesci di barriera.
Arriviamo a Fakarava con qualche giorno di ritardo e ci immergiamo una settimana dopo il plenilunio. La festa è finita ma c’è comunque un bel movimento di pesce. Le pareti della pass sono ricoperte da un folto strato di corallo sano. Oltre a cernie e squali, la pass è frequentata da tonni, carangidi, dentici, barracuda, ed una grande varietà di pesci di barriera.
A Rangiroa viviamo una delle esperienze subacquee più emozionanti di sempre. La pass Tiputa è conosciuta soprattutto per la presenza costante di delfini che giocano sulle onde di marea. Il mascaret è un fenomeno comune nelle pass delle Tuamotu ma, a Rangiroa è particolarmente accentuato a causa della grande dimensione dell’atollo. Passiamo ore sul bordo della pass ad osservare estasiati i delfini saltare sulle onde frangenti. Danno davvero l’impressione di divertirsi.
Gli stessi delfini che giocano in superficie vengono a trovarci quando ci immergiamo nella pass. Arrivano all’improvviso e non solo si avvicinano, cercano proprio il contatto, prima visivo e poi fisico. Non siamo preparati, ci mettiamo un bel momento a superare lo sbalordimento iniziale. Il loro comportamento è talmente naturale da sembrare normale. Restano con noi per una decina di minuti per poi tornare su a giocare con le onde.
Non è solo il mare a regalarci degli incontri speciali. Durante la navigazione tra Toau e Rangiroa una sula decide di farsi dare un passaggio da ZoomaX. Dopo una ricerca accurata decide di accomodarsi sulla capottina, proprio vicino a noi, si rannicchia, nasconde la testa tra le ali e si addormenta. Per tutta la notte non si muove di un millimetro nonostante il forte rollio della barca.
Alla laguna blu di Rangiroa vediamo un martin pescatore che sorveglia le sue prede da un tronco incagliato a qualche decina di metri dalla riva. Ci avviciniamo e lui, invece di scappare spaventato, si mette in posa per il servizio fotografico!
L’ultimo atollo delle Tuamotu che visitiamo è Tikehau. Lì incontriamo un’altra barca, Elora, con una famiglia italo francese: Elena e Thierry, con i loro tre bambini. Ospite a bordo c’è anche un’altra Elena con suo figlio. Entrambe le Elene sono di Torino che, ancora una volta si dimostra essere una piccola città, scopriamo infatti di avere diversi amici in comune. Simpatizziamo e passiamo insieme delle belle giornate.
Andiamo ad ancorare di fronte ad un motu noto come l’Ile d’Eden e qui abbiamo la dimostrazione che anche alle Tuamotu, lavorando duramente, si può coltivare quasi tutto. L’isola è abitata da una piccola comunità religiosa di origine cinese che è riuscita negli anni a rendere fertile lo sterile terreno corallino con del compost prodotto con legno di palma lasciato marcire mischiato con il guano. Coltivano melanzane, zucche, insalata, vaniglia, papaye, banane, e molto altro, tutto biologico. Allevano polli e maiali, producono olio di cocco e sale marino. Un vero eden!
Partiamo da Tikehau insieme ad Elora ma le nostre rotte si separano, loro diretti a Huahine, noi a Tahiti. Speriamo di rincontrarci presto.
Ora siamo a Papeete e come sempre quando ci si ferma in un porto dopo mesi trascorsi in mare, facciamo fatica ad abituarci ai ritmi della vita cittadina dettata da un programma serrato di lavori in barca, acquisti di ricambi, pulizie e cambusa.
Anche ZoomaX e lo Zoomaxino non vedono l’ora di ripartire!
Per seguire la rotta di ZoomaX clicca sulla mappa in alto a destra.