Andare per mare, per conoscere la terra



mercoledì 26 ottobre 2022

Bula bula Fiji

 

Eccoci di nuovo a Fiji dopo otto anni! Un paese costituito da centinaia di isole ed isolette distribuite in un vasto tratto di oceano attorno alle principali Viti Levu e Vanua Levu, che richiederebbe anni per essere esplorato interamente. Nel 2014 il nostro programma di navigazione ci aveva consentito una visita di poche settimane ed eravamo andati via con il rimpianto di non aver visto Fulaga, considerata una delle isole più belle di tutto il Pacifico.
Prima di tutto però vogliamo ritrovare gli amici Ale e Max di Y2K, che sono arrivati a Fiji un mese fa e ora si trovano a Musket Cove, a poche miglia dal marina di Port Denarau dove abbiamo fatto le pratiche d'ingresso.


In un paio di giorni ripuliamo la ZoomaX dalla crosta di sale che l’ha ricoperta in traversata, andiamo al mercato a comprare frutta e verdura fresche, ci riconnettiamo con il mondo acquistando delle sim telefoniche locali e siamo pronti. Con noi c’è Davide, il cugino di Paolo che ci ha raggiunto in Nuova Zelanda e dopo aver sperimentato le gioie e i dolori di una traversata oceanica è ben contento di fare 'island-hopping' finalmente su di un mare piatto.
Musket Cove è una baia protetta dalle isole Malolo e Malolo lailai,  che ospitano diversi resort, i cui servizi attirano anche molti yachts (soprattutto anglosassoni). All’arrivo troviamo infatti una cinquantina di barche, in parte ancorate o in boa nella rada, in parte ormeggiate al pontile dello yacht club.


Dopo qualche giorno di riposo ed ambientamento, lasciamo questo posto un po’ troppo affollato per i nostri gusti e, insieme a Y2K, dirigiamo verso nord. Malolo e le isole limitrofe appartengono all’arcipelago delle Mamanuca il più turistico di Fiji, perché facilmente raggiungibile dall’aeroporto internazionale di Nadi.
La prime tappa è Mana Island. La cartografia non è migliorata rispetto al 2014. Continua ad essere inaffidabile, non rileva molti dei reef e teste di corallo disseminate lungo il percorso, è fondamentale usare le foto satellitari per la navigazione. Un chiaro esempio è la pass per accedere alla laguna di Mana che è molto stretta e tortuosa. La cartografia Navionics è approssimativa. Ci presentiamo davanti alla pass in alta marea, ma il cielo è nuvoloso quindi la visibilità scarsa, le foto satellitari diventano determinanti anche se in questo caso fortunato il canale è anche abbastanza ben segnalato da alcune boe non convenzionali.

 Nonostante lo zigzag tra le barriere coralline, la navigazione è bella; le isole, molte delle quali occupate da resort, hanno una vegetazione lussureggiante e lunghe spiagge bianche. I film Laguna Blu e Cast Away sono stati girati qui. Navadra è la prima isola non abitata che incontriamo. È spettacolare. L’ancoraggio, con l’acqua di un blu intenso si trova in quella che forse in origine era la caldera di un vulcano. Ad accoglierci troviamo un gruppo di squaletti pinna nera che circondano ZoomaX e Y2K. Ci fermiamo però soltanto una notte, perché, pur protetta dal vento dominante, nella rada entra un’onda fastidiosa.

 

Photo credit Y2K

Photo credit Y2K

Photo credit Y2K

 
È gironzolando tra le Mamanuca e le Yasawa, poco più a nord, che finalmente riprendiamo i nostri ritmi di vita barcaiola, scanditi dalle esplorazioni in acqua a nuoto, in canoa o con il gommone e a terra lungo percorsi che spesso non sappiamo dove ci portano.
 


 

















 E poi ci sono gli incontri con le persone del posto che, con il passare del tempo, saranno quelli che resteranno maggiormente impressi nella memoria. Spesso l’occasione per entrare in contatto con le comunità locali, soprattutto nelle isole remote, è lo scambio di beni. Noi offriamo quello che hanno maggiore difficoltà a reperire, ad esempio capi di abbigliamento, materiale per la pesca o per la scuola, oppure generi alimentari che non hanno sul posto (cereali, latte in polvere, etc), e loro ricambiano con frutta fresca.
I paesi del sud pacifico tropicale sono quasi tutti costituiti da centinaia di isole disseminate su aree vastissime, e gli equipaggi delle barche a vela sono spesso gli unici visitatori che gli abitanti  delle località più remote vedono transitare. Quando possiamo cerchiamo quindi di renderci utili. Ci sono diverse organizzazioni non governative che raccolgono fondi per acquistare materiale a sostegno di queste comunità, ma la difficoltà maggiore che incontrano è proprio la consegna.  In Nuova Zelanda siamo stati coinvolti in un paio di progetti. Uno riguarda la  distribuzione di libri nelle scuole: una bella iniziativa, i libri, tutti nuovi, comprendono manuali di divulgazione scientifica, atlanti geografici, romanzi storici e di intrattenimento, adatti sia ai bambini più piccoli che agli adolescenti.


Il racconto  della consegna in un villaggio delle Yasawa, tratto dal diario di bordo: ‘Ci sono una sessantina di allievi dal primo all'ottavo anno, ma solo quattro insegnanti. Le classi sono quindi raggruppate in 4 aule, la prima e la seconda insieme e così via. In tutti i villaggi remoti delle Fiji gli insegnanti vengono dalle due isole principali, normalmente si spostano con le famiglie e stanno in un posto per cinque anni per poi trasferirsi in un nuovo villaggio, così per tutta la vita professionale. Più che un lavoro è una missione.
Il complesso scolastico è molto bello nella sua semplicità, ordinato, pulito, le classi ariose e luminose ed un grande spazio esterno con un campo da rugby. A ciascun insegnante viene fornita una casa vicino alla scuola. Alla scuola di Nabora convergono i bambini dei tre villaggi dell'isola di Waya Lailai. Uno dei villaggi si trova dall'altra parte dell'isola, troppo lontano per andare avanti indietro tutti i giorni. I 10 bambini vengono quindi ospitati dal lunedì al venerdì in una casa che si trova nel complesso scolastico, accompagnati a turno da una delle mamme che si occupa di tutti loro fuori dagli orari scolastici. Un welfare comunitario molto efficiente!



 
Al rientro dalle Yasawa ci fermiamo per una decina di giorni a Vuda Marina. 
 


Qui ritroviamo un po’ di amici svizzeri che non vedevamo da tempo: Rita e Dani di Maramalda e Margrit ed Ernst di Kama, con i quali avevamo condiviso l’avventura in Patagonia, e Rosetta e Tomaso di Manaia. È un gioia rivederli, le serate trascorse insieme al ristorante del marina sono dense di racconti dei diversi percorsi che ci hanno portato a rincontrarci, ma troppo presto giunge anche il momento di salutarci. La storia delle amicizie tra navigatori è fatta così, ormai lo sappiamo: sono importanti e spesso durature, ma devono superare la prova della separazione.  4 barche, 4 programmi, c’è che va ad ovest verso l’Asia, chi a sud-ovest in Australia e chi a sud in Nuova Zelanda. Noi invece…, no non è ancora il momento di parlare di nuove destinazioni, abbiamo ancora molto da vedere a Fiji. Buon vento amici!

Siamo già a fine settembre, è ora di fare rotta verso est e raggiungere Fulaga. Per evitare di combattere una lotta persa in partenza contro l’aliseo, decidiamo di andare prima a nord-est lungo la costa nord di Viti Levu, dove si percorre un canale mal segnalato tra le barriere coralline. La visibilità sull'acqua è quasi nulla, soprattutto con l'alta marea. Sembra di navigare in mare aperto mentre, in realtà, facciamo lo slalom fra i reef. Non c'è vento, ma è meglio così perché in ogni caso non si potrebbe fare vela. La costa nord di Viti Levu è molto diversa da quanto visto finora, è montagnosa, non ci sono spiagge, il litorale è ricoperto di mangrovie, l'acqua è verdastra. L'entroterra è piuttosto arido, vediamo anche i segni di molti incendi.
 

 Giunti sulla punta nord-est di Viti Levu, dobbiamo percorrere altre 100 miglia per raggiungere Viani Bay, dove vorremmo fare qualche immersione. All’uscita dalla pass viviamo una delle esperienze di navigazione più spaventose capitate finora. Il resoconto dal diario di bordo: ‘Alle 15h00 ripartiamo alla volta di Viani Bay, sul lato est di Vanua Levu. Sono poco più di 100 miglia, quindi preferiamo fare una notturna per arrivare con una buona luce.
Usciti dalla pass tiriamo su le vele e ci mettiamo in rotta. Poco dopo ci sembra di vedere a prua un bassofondo. Orziamo ma ci sembra di vedere anche li davanti il colore tipico dei reef. Accendiamo il motore e chiudiamo il fiocco alla velocità della luce. Siamo spaventati, dovremmo essere in acque libere e ci vediamo circondati da bassifondi. Soltanto passando molto vicino ad una di queste macchie, capiamo che in realtà si tratta di masse concentrate di krill che colorano l'acqua di scuro, facendole sembrare dei reef affioranti, complice anche la luce del tramonto. Abbiamo il cuore che batte a mille, riprendiamo fiato e tiriamo un sospiro di sollievo! Il vento è debole di direzione variabile, con randa piena e fiocco ci rimettiamo in rotta. 
All'alba del mattino seguente, dopo dop aver filato la lenza, peschiamo il pesce più grosso preso finora. Un marlin! Riusciamo a portarlo sottobordo relativamente in fretta, ma tirarlo a bordo si rivela un'impresa titanica e anche piuttosto cruenta. Per fortuna c'è poco vento e la barca non è sbandata, così possiamo fare il lavoro di macelleria sulla spiaggetta di poppa. Non riusciamo a sollevarlo per pesarlo ma lo misuriamo, è lungo 230 cm! All'arrivo a Viani Bay faremo la felicità della comunità locale, ma ci augiriamo di non prendere mai più un mostro del genere! 


A Viani Bay facciamo un paio di belle immersioni  sul Rainbow Reef.
Ci fermeremmo volentieri qualche giorno in più, ma  la meteo prevede che il vento, la cui direzione dominante è sud-est, per 48 ore si metta ad est-nord-est. È un’occasione da non perdere, la rotta per Fulaga è 142°, sono 160 miglia di bolina, ma fattibili.
Ci presentiamo davanti alla pass a mezzogiorno, nonostante la buona visibilità e l’alta marea la tensione a bordo è palpabile.


Una volta dentro, ci è subito chiaro che non vorremmo più uscirne! Non per il timore di dover ripercorrere la pass, ma perché quello che ci appare davanti è la rappresentazione perfetta della nostra idea di paradiso in terra. Una laguna che mostra tutte le sfumature di turchese, circondata per metà da una grande isola con una vegetazione così densa da essere impenetrabile, e l’altra metà da isolotti rocciosi separati da piccole fessure che collegano la laguna interna con quella esterna a sua volta protetta dal reef.
Siamo incantati!
 


Cominciamo con la visita al villaggio. Si trova dal'altra parte dell'isola, 20 minuti di camminata sulla via dei manghi... e delle zanzare. 
 
 
Portiamo in omaggio al chief un mazzo di kava, come vuole il rito del sevusevu (è una tradizione figiana che avevamo descritto nel resoconto della nostra visita del 2014). 
 
In visita al chief
 
A proposito del villaggio si rende necessaria una precisazione. Fulaga è una realtà davvero remota, si trova a 180 miglia dall’isola di Viti Levu, a cui è collegata unicamente da una nave dei rifornimenti che passa ogni 1 o 2 mesi, senza regolarità. Non c’è connessione internet, c’è soltanto un telefono fisso utilizzato dalla comunità per comunicare con l’esterno. La popolazione, circa 200 persone distribuite in tre villaggi, vive di ciò che coltiva, dei polli che scorrazzano nei villaggi e dell’abbondanza di pesce presente nelle acque circostanti. L’unica fonte di reddito è la lavorazione del legno con il quale producono dei manufatti di notevole bellezza, che vendono agli equipaggi delle barche in transito, gli unici visitatori che arrivano fin qui.
 
 
Il chief ci affida a Bale e Aliferedi, la famiglia che si occuperà di noi e delle eventuali nostre necessità. Sono una coppia deliziosa, instauriamo un bel rapporto, andiamo spesso a trovarli, passiamo ore a chiacchierare, cuciniamo insieme, li aiutiamo a risolvere qualche problema tecnico, ci vengono a trovare in barca. Familiarizziamo anche con il resto del villaggio, con i vicini di casa, con l’infermiera, gli insegnanti della scuola, gli uomini che intagliano il legno, i bambini con i quali andiamo a raccogliere conchiglie. Un’accoglienza davvero sincera, coinvolgente che ci fa sentire parte della comunità! 







 
 
Dedichiamo il resto del tempo ad esplorare la laguna. È un labirinto di isolotti che con la bassa marea sembrano funghi che spuntano dal mare. Pur essendo rocciosi molti sono ricoperti di vegetazione, palmette, pandani, arbusti.  Sono centinaia, sparsi ovunque. Molti li raggiungiamo a nuoto dalla barca, i più lontani in canoa o con il gommone. Ci perdiamo più volte. Nella laguna il corallo è quasi assente ma con il fondo di sabbia bianca e l’acqua così chiara passiamo giornate intere a nuotare in questa immensa piscina. Attraverso dei piccoli varchi tra le rocce si riesce ad arrivare sul lato esterno delle laguna, dove l’acqua è trasparente ed il corallo più sano. Facciamo anche diverse escursioni fuori dal reef e lungo la pass. Il pesce abbonda, banchi di barracuda, dentici, cernie enormi, squali di barriera, aquile di mare. Purtroppo non riusciamo a fare immersioni a causa delle forti correnti; ci vorrebbe qualcuno a farci assistenza in superficie. In canoa invece, con l’alta marea ci addentriamo tra le mangrovie che occupano la parte più protetta della laguna. Anche lì riusciamo a perderci.


 




 



Dopo 17 giorni lasciamo Fulaga con rammarico. È fine stagione, siamo l’ultima barca ad andarsene, al villaggio ci dicono che è improbabile ne arrivino altre fino a maggio del prossimo anno. A noi resterà un ricordo indelebile.
Con due giorni di scomoda navigazione con poco vento e mare disordinato ritorniamo al punto di partenza a Denarau, sulla parte ovest di Fiji. Anche il tempo riflette il nostro umore
 
 
In questi giorni molte barche stanno approfittando di una buona finestra meteo per partire per la Nuova Zelanda. A breve anche noi rivolgeremo la prua a sud, alla ricerca dei venti occidentali. Faremo forse una breve tappa in Nuova Zelanda ma al più presto ripartiremo per tornare in Polinesia Francese, nostra prossima meta.

Per seguire la rotta di ZoomaX clicca sulla mappa in alto a destra.