E così si chiude un altro ciclo. L'ultimo capitolo è stato intenso e merita di essere raccontanto dal principio.
Dopo un'attesa di quasi un mese in relax totale alle San Blas, Panama, all'inizio di maggio l'aliseo, che finora ha spinto forte con costanza, inizia a dare i primi segni di cedimento. Ne approfittiamo e partiamo subito. Le previsioni danno 3-4 giorni di vento da est-nord-est sui 15 nodi nel Mar dei Caraibi, il tempo che ci serve per raggiungere la Giamaica, prima possibile sosta della nostra traversata di ritorno in Europa. Per evitare di dover fare bordi controvento inizialmente dirigiamo sulla Colombia, da lì con un bordo di bolina raggiungiamo la punta sud-est di Haiti. In questi primi giorni la navigazione non è piacevole: una forte corrente verso ovest ci obbliga a stringere la bolina e un'onda corta e ripida di un paio di metri ci rallenta e rende la vita a bordo scomoda e faticosa. A complicare ulteriormente le cose ci pensano i sargassi. La supeficie del mare è invasa da queste alghe galleggianti che ci costringono a continue fermate e retromarce per liberare le appendici (chiglia e timoni).

Raggiunto il canale di Sopravento, che separa Giamaiaca e Cuba da Haiti, le condizioni sono favorevoli per proseguire, quindi si va avanti. Scapoliamo la punta sud ovest di Haiti al tramonto. Siamo vigili, in questa zona ci sono stati diversi attacchi alle barche da diporto da parte di lance provenienti dalle coste haitiane. È la pirateria della disperazione di una popolazione ridotta alla fame. Navighiamo per tutta la notte in stato di allerta per fortuna senza subire alcun tentativo di abbordaggio. Intanto ci allontaniamo dalle coste haitiane e raggiungiamo l'estremo est di Cuba che superiamo passando non lontano dalla prigione di Guantanamo; inevitabilmente i nostri pensieri vanno a tutte le cose aberranti che abbiamo letto su questo posto negli anni successivi all'attacco terroristico alle torri gemelle di New York.Il giorno dopo aver lasciato le coste di Cuba iniziamo ad attraversare l'arcipelago delle Bahamas. Le mille sfumature di turchese delle acque che circondano le sue isole sono molto invitanti ma resistiamo alla tentazione e ci concediamo solo una breve sosta per riposare prima di proseguire verso nord.
La
traversata atlantica di ritorno verso l'Europa è nota per le sue
condizioni meteo capricciose. Sono quindi loro a dettare l'agenda. La
ricerca di venti favorevoli, o perlomeno non contrari, ci obbliga a
risalire verso nord-est al largo della costa americana invece di puntare
su Gibilterra. Il mare continua ad essere ricoperto di sargassi. Dopo
due giorni di galoppata ci allontaniamo dalla fascia tropicale e
l'aliseo ci abbandona. Entriamo nella zona dei venti deboli e variabili.
Il 17 maggio atterriamo alle Bermuda, dove decidiamo di fermarci
qualche giorno per visitarle. Ancoriamo nella grande baia di Saint
George.
 |
| Ingresso a Saint George |
Fin dai primi passi a terra veniamo catapultati in un'atmosfera coloniale di chiaro stampo britannico. L'architettura, l'ordine e la pulizia, l'efficienza della macchina burocratica e dei servizi, sono come, nel nostro immaginario, abbiamo sempre pensato essere le colonie inglesi dell'epoca imperiale. I prezzi invece ci riportano immediatamente alla realtà contemporanea di un paradiso fiscale: tutto costa carissimo, dalla spesa ai mezzi pubblici. I prezzi di hotel e ristoranti sono proibitivi. Il PIL del paese si regge per la quasi totalità sul settore bancario e serivzi finanziari, e sul ricco turismo golfistico. Visitiamo la linda capitale Hamilton, le Crystal caves e facciamo lunghe passeggiate nei dintorni di Saint George tra campi da golf e zone residenziali immacolate.


La sosta a Bermuda ci serve anche per aspettare che l'anticiclone delle Azzorre si indebolisca. L'alta pressione delle Azzorre in questa stagione comincia a stabilizzarsi nel mezzo dell'oceano atlantico settentrionale creando un enorme buco senza vento. Il 20 maggio le condizioni per proseguire verso est sembrano favorevoli. Dovremmo aver la fortuna di poter approfittare di un fronte in formazione sulla costa canadese che avanzerà verso sud-est piuttosto lentamente e che ci spingerà per qualche giorno prima di superarci.
Riprendiamo il mare in una bella giornata di sole.
Durante la traversata le condizioni si confermano buone. Il vento portante ci accompagna per quasi tutte le 2000 miglia che ci separano dalle isole Azzorre. È solo quando mancano poche centinaia di miglia a Horta che veniamo raggiunti dalla depressione. Per qualche ora dobbiamo difenderci dalla pioggia battente e gestire un paio di colpi di vento violenti con salti di 90° di direzione. Poi il vento molla e l'ultimo giorno di navigazione lo passiamo alternando vela e motore ma la nostra attenzione è tutta rivolta alla superficie del mare nella speranza di avvistare uno dei tanti capodogli stanziali in queste acque. Purtroppo nessuno si fa vivo. È invece un banco di delfini a venirci ad accogliere.
La vista di Horta all'alba del 31 maggio ci apre il cuore. Ancoriamo nell'avamporto e ci assaporiamo la soddisfazione di aver riportato ZoomaX in Europa dopo 8 anni.
Il porto di Horta è un punto di riferimento nel mondo della vela oceanica, ricoperto da migliaia di murales dipinti dagli equipaggi passati da qui, ed il mitico Peter's Bar da oltre un secolo è il ritrovo preferito dei marinai che qui condividono esperienze, avventure e disavventure, scambiano informazioni e consigli e bevono birra e gin a fiumi per festeggiare o per dimenticare.
La vista sui dintorni di Horta ci invoglia ad andare in esplorazione ed è cosi che scopriamo che l'isola di Faial offre molto di più. Dalla cima del Monte da Guia, che ragguingiamo a piedi dal porto, la vista è mozzafiato.
Con una macchina a noleggio facciamo il giro dell'isola fermandoci sul Cabeço Gordo per fare in un paio di ore il giro a piedi della caldera.
Un'altra sosta interessante la facciamo sulla punta ovest dell'isola dove nel 1957-58 un'eruzione sottomarina del Vulcâo dos Capelinhos, a 300 metri di distanza dalla costa, formò delle nubi di argilla che scaricarono una quantità tale di cenere e frammenti solidi che oltre a distruggere un intero villaggio, determinò un aumento della superifcie di Faial di 2,4
Km2
.
Se oggi le Azzorre sono un santuario dei cetacei dove si ha il privilegio di poterli osservare con grande facilità, nei secoli scorsi la caccia alle balene rappresentava la principale risorsa per la popolazione locale. Nella Fabrica de Baleia de Porto Pim, viene descritto ogni aspetto della catena produttiva, dalla caccia alla lavorazione e all'utilizzo dei prodotti derivati, principalmente grasso e olio che venvano trasformati in cera per candele, combustibile, olio per le lampade o impiegati per la produzione di sapone e cosmetici.
 |
| La pelle essiccata del pene di un capodoglio |
 |
| Le baleniere di fine '800 |
La vista sul vulcano di Pico, isola a poche miglia da Faial, è un invito irresitibile.
Con Enrico, il fratello di Anna che è venuto a trovarci, prendiamo il traghetto che in 30 minuti collega le due isole e dedichiamo una giornata alla visita di Pico. Il vulcano è il protagonista assoluto, anche se è raro che si mostri in tutta la sua imponenza poichè spesso nascosto dalle nuvole. Sulle sue pendici le distese infinite di pietre laviche vengono utilizzate per costruire case e proteggere dal vento le vigne che producono un vino prelibato.
Proseguiamo il giro delle Azzorre facendo rotta su Terceira. Da Faial sono 75 miglia, una giornata di tranquilla navigazione.
Il patrimonio architettonico di Angra do Heroismo, la città principale dell'isola è notevole. Si sviluppò fin dal XV-XVI secolo come punto di sbarco e di transito dei galeoni che andavano e venivano dalle colonie portoghesi con i loro carichi preziosi di oro, minerali, legno dal sud America o spezie e seta dall'oriente e avorio dall'Africa.
 |
| Paolo a spasso con Vasco da Gama |
Nel centro storico i palazzi signorili e le innumerevoli chiese sono così ben conservati da essere stati inseriti tra i Patrimoni dell'Umanità dall'Unesco.
Una bella passeggiata ci porta in cima al Monte Brasil, risutato di un'altra eruzione sottomarina, da cui si gode di un bel panorama su Angra do Heroismo.
L'ultima tappa è nel capoluogo delle Azzorre, Ponta Delgada, a Sao Miguel. La raggiungiamo con una veleggiata notturna.
Ormeggiamo ZoomaX nel grande marina e partiamo in esplorazione. Non appena si esce dal centro urbano e si comincia a salire sulle alture dei due massicci vulcanici, si viene avvolti dal verde intenso della folta vegetazione che caratterizza quest'isola. La strada attraversa fitte foreste, infinite praterie dove pascolano le vacche che producono i deliziosi formaggi locali. I crateri dei vulcani estinti sono caratterizzati da lagune scenografiche come la Lagoa do Fogo e la Lagoa das Sete Cidades. A Furnas invece ci sono ancora delle caldere attive che ribollono come dei pentoloni sul fuoco.
Ogni villiaggio che attraversiamo ha la sua bella chiesa.
Visitamo anche la Fabrica Cha Gorreana, la più antica fabbrica europea di tè ancora in attività. È circondata da 30 ettari di piantagioni che producono pregiati tè verdi e neri, grazie ai terreni acidi e vulcanici e al clima piovoso e mite.
È ora di ripartire. Salutiamo Enrico che rientra in Italia e ci prepariamo con dispiacere. Delle Azzorre ci è piaciuto tutto, a partire dalle persone, il cibo, l'approccio sostenibile al turismo, oltre alle bellezze naturali che abbiamo appena descritto. La temperatura del mare non era molto invitante, 20-21°, ma non ci è importato, c'era cosi tanto da fare a terra che per una volta abbiamo apprezzato lo stare fuori dall'acqua.
Lasciamo il marina di Ponta Delgada, ci allontaniamo da Sao Miguel e puntiamo dritti verso la porta di casa, lo Stretto di Gibilterra.
Nell'analisi delle condizioni meteo pre-partenza abbiamo sottovalutato la presenza di una depressione che, pur essendo molto più a nord rispetto alla nostra rotta, manda giù onde corte di 4 metri. A bordo veniamo sballottati per 36 ore come se fossimo su un tagadà. Poi finalmente le condizioni migliorano e anche l'umore.
All'avvicinarsi delle coste portoghesi subentra un'altra fonte di preoccupazione, le orche con il loro gioco preferito di questi ultimi anni: aggredire i timoni delle barche a vela, facendoli a pezzi. Ci teniamo al largo del Portogallo e decidiamo di approcciare lo stretto di Gibiliterra restando sul versante marocchino. L'idea è di navigare vicino alla costa ma mentre ci avviciniamo notiamo decine di piccoli pescherecci, senza AIS, che al tramonto calano le reti in acqua. Cambiamo allora tattica, stiamo più centrali e ci infiliamo nel canale delle navi che si susseguono una dietro l'altra superandoci a distanza ravvicinata. Nel cuore della notte, mentre siamo di fronte a Tangeri, con il cambio della marea, la corrente gira contro, forte, sui 4 nodi, costringendoci ad avanzare con fatica a 2,5.-3 nodi. Decidiamo allora di riavvicinarci a terra, per uscire dal flusso più forte della corrente, con la speranza di non finire in una rete. Insomma la notte passa nel dilemma della scelta tra la padella e la brace. Accogliamo l'alba con gioia, ci lasciamo alle spalle lo stretto di Gibilterra e ci godiamo le prime miglia nel Mare Nostrum.
Dopo una breve sosta di una notte in rada vicino a Cartagena proseguiamo con l'obiettivo di raggiungere al più presto Formentera. Abbiamo una gran voglia di tuffarci nelle sue acque turchesi. Le due settimane a Formentera ci servono per riabituarci al gran casino estivo del Mediterraneo. Il numero di barche è impressionante, piccoli motoscafi a noleggio giornaliero, cabinati a vela e motore di tutte le dimensioni e superyacht agogo. Per fortuna la quasi totalità delle barche rientra in porto al tramonto ed al mattino esce con grande calma non prima di mezzogiorno. Quindi le serate in rada sono tranquille ed al mattino approfittiamo della acque calme e cristalline per fare lunghe nuotate.
Quando, nel primo pomeriggio, le baie vengono prese d'assalto noi scendiamo a terra e ci dedichiamo ad altro.
 |
| Le saline di Formentera |
A Mallorca ripercorriamo la costa nord-ovest, la nostra preferita. Ritroviamo Simona e Damiano, amici di vecchia data che vivono a Palma. Salgono a bordo per qualche giorno e ci accompagnano fino a Minorca. Che bello essere tornati a portata di amici!!!
Qui ci aspetta la 'familia oceanica', Pol e Inaki con cui abbiamo navigato a lungo in Pacifico nel 2013-2014. È la terza volta che passiamo a trovarli, sempre in occasioni speciali, nel 2015 al ritorno del primo giro del mondo di ZoomaX e Sikkim, poi nel 2017 quando siamo ripartiti per andare in Patagonia e oggi al ritorno dopo 8 anni. Insieme ai loro genitori, fratelli, sorelle, zii ci accolgono a casa loro come membri della famiglia.
Binibeca diventa la nostra base, la patch di sabbia
in cui restiamo ancorati per settimane viene nominata 'El fondeo del
Zoomax'.
Ci si ritrova a casa di uno o dell'altro o al Paupa, il bar ristorante di Nin che si affaccia proprio su Cala Binibequer.
Insieme a Maity visitiamo l'ospedale militare de la Illa del Rei, costruito nei primi anni del '700 dalla marina britannica sull'omonima isola nel fiordo di Mahon. In stato di abbandono per decenni è ora in corso un grande progetto di recupero. Tutto il lavoro di restauro dell'edificio e la ricostruzione degli interni è il frutto di lavoro volontario e donazioni.
 |
| Radiologia |
 |
| Chirurgia |
 |
| Odontoiatria |
 |
| Corsia d'ospedale |
Una dependance del grande complesso ospedaliero che in origine veniva utilizzata per il triage dei pazienti, è stata trasformata da Hauser & Wirth in un centro d'arte nel quale si susseguono mostre di arte contemporanea.
 |
| Vibrant matter, Mika Rottenberg |
Ai primi di agosto lasciamo le Baleari. Rotta sulla Sardegna. Anche il Mediterraneo si dimostra generoso e ci regala un bel tonno di 7-8 kg.
Nel costeggiare il nord della Sardegna ci fermiamo in alcune rade che non ci fanno rimpiangere i cosiddetti paradisi tropicali: Monti Russu e Marmorata in particolare sono un vero incanto e relativamente tranquille, nonostante l'alta stagione, al contrario dell'arcipelago della Maddalena da cui scappiamo a gambe levate. Ci torneremo fuori stagione l'anno prossimo.
 |
| Monti Russu |
 |
| Marmorata |
 |
| Spargi, Cala Corsara |
L'unico
angolo di pace nell'arcipelago è la Spiaggia Rosa di Budelli, il cui
accesso è vietato dal 1998. Non si può ancorare e tantomeno sbarcare. Si
può ammirare la baia percorrendo una passerella in legno che la
costeggia, realizzata dall'ente del Parco. È stato allestito anche un
servizio di informazioni con due guide ambientali che spiegano il
progetto di conservazione mostrando i benefici di 25 anni di
protezione. La posidonia sta ricrescendo. È lei la principale artefice
dei granelli rosa scomparsi dalla spiaggia. Sono i frammenti di gusci
del microrganismo Miniacina miniacea, che vivono sulle radici della
posidonia e che trasportati a riva dalle correnti,
insieme ad altri frammenti di conchiglie, coralli e granito, danno la
tonalità rosa che caratterizza questa spiaggia.  |
| Budelli, Spiaggia Rosa |
Ci spostiamo verso la Tavolara, dove troviamo tanti amici che stanno facendo le vacanze in Sardegna. Ogni giorno un impegno diverso, a cena a casa di uno o in barca dall'altro, chi raggiunge la zoomax in gommone o con l'hobie o il paddle. È un continuo via vai di gente, per noi una grande gioia ritrovare gli amici dopo essere stati lontani per tanto tempo.
Anche nostra nipote Martina, di 12 anni, torna sulla ZoomaX dopo 8 anni.
Nella risalita verso la Costa Azzurra, facciamo un paio di tappe in Corsica. In rada a Calvi, la sera del 28 agosto, ci prendiamo un colpo di vento spaventoso, tra i 60 ed i 70 nodi che per fortuna durano solo, si fa per dire, una mezzora. È une cella temporalesca che abbiamo visto avvicinarsi sul radar di Windy in anticipo; abbiamo quindi potuto prepararci allungando la catena dell'ancora fino a 12 volte la profondità. Preparato la fortress come seconda ancora da calare in acqua in caso di necessità, assicurato il copriranda al boma con dei gerli e fissato bene tutto in coperta. Durante la tempesta 4 barche nei paraggi lanciano il mayday per aver perso l'ormeggio. Una di queste finirà a scogli, le altre se la caveranno con vele strappate e altri danni minori. Nelle ore successive Il SAR francese ha il suo bel da fare.
 |
| Calvi dopo la tempesta |
Le ultime settimane le passiamo nei mari di casa, in Costa Azzurra, anche se per ZoomaX queste acque sono quasi sconosciute. Ci ha passato qualche settimana nel 2017, questo è tutto.
Gironzoliamo tra le nostre baie preferite a Cap Ferrat, Cap d'Ail e Cap Martin.
Al Golfe Bleu ci attende una bella sorpresa: Villa E1027, piccolo gioiello di archietttura e design moderno, dopo decenni di abbandono è stato meticolosamente riportato al suo stato originario dall'Associazione Cap Moderne. Una villa realizzata da Jean Badovici e Eileen Gray, accanto alla quale Le Corbusier ha costruito un 'cabanon' dove si rifugiava durante le sue vacanze estive e dove ha lasciato una significativa traccia della sua arte.
Il 30 settembre entriamo nel Marina di Imperia.
Era il 14 agosto 2012 quando partimmo da quì per un'avventura che, finora, è durata 13 anni.
Quest'inverno la ZoomaX starà a riposo. Saranno mesi che serviranno anche a noi per fermarci a tirare le somme ed immaginare quale sarà il seguito.