Andare per mare, per conoscere la terra



venerdì 29 maggio 2015

Grecia

Kastellorizo. Quale miglior benvenuto per il nostro ritorno in Mediterraneo?
Questa piccola isola del Dodecanneso è una perla. Le case color senape, rosso pompeiano, azzurro cielo fanno da cornice ad una baia da cartolina. Il paese si sta preparando per la stagione estiva. In un’atmosfera di relax i ristoratori allestiscono i dehors lungo mare e comprano il pesce fresco dai pescatori appena rientrati in porto, gli albergartori ripuliscono le terrazze e le adornano con piante fiorite. Ci arrampichiamo su per la montagna. Il sentiero si apre un varco nella macchia mediterranea, in questa stagione piena di fiori e ricca di profumi. La vista dall’alto è mozzafiato.
 

Imperdibile poi è la grotta azzurra. Si trova sul lato est dell’isola alle coordinate 36°07,5N, 29°34,7E. L’ingresso è alto meno di un metro, si passa giusti con il gommone aspettando l’onda favorevole e abbassando la testa, l’interno invece è immenso. La luce esterna che filtra dall’imboccatura si riflette sull’acqua e diffonde una luce blu in tutta la grotta. L’acqua è limpidissima, nonostante il buio si vede il fondo, è come essere sospesi nel vuoto. Abbiamo la sensazione di essere circondati dagli effetti speciali, sembra impossibile che sia tutto naturale.


 
A Symi la stagione turistica è già cominciata; in porto e in rada ci sono decine di barche, molte da charter, a bordo soprattutto russi, polacchi tedeschi e scandinavi. Le stesse facce nordiche passeggiano in paese dove si concentrano i negozi di souvenir, botteghe di prodotti tipici, tour operators, e tanti ristoranti. La acque che bagnano Symi sono notevoli per colore e trasparenza, peccato siano a 21°. Troppo freddoooooo!!! 


La tappa successiva è in terra turca, da clandestini, senza fare dogana. Knidos è un sito archeologico in punta alla penisola della Datça. Un promontorio che si affaccia su un porto naturale, dove sono stati trovati i resti di una antica città che risale al IV secolo a.C.. Gli scavi sono ancora in corso e probabilmente c’è ancora molto da scoprire.
ZoomaX è ancorata ai piedi di un grande anfiteatro. Poco oltre i resti di un grande tempio. Alle spalle, sulla collina, si sviluppava la città con altri templi, edifici minori e le mura.
Passeggiamo tra blocchi di granito, di marmo, di pietra arenaria, in gran parte ancora da identificare e classificare. Il tutto sparso nella macchia mediterranea, in questa stagione piena di fiori e ricca di profumi. E’ una magia.





Cercando di riabituarci alle condizioni di vento variabili ed imprevedibili del Mediterraneo, continuiamo la nostra navigazione verso ovest e ci fermiamo ad Astipalea. 

 
Pur essendo ancora nel Dodecanneso, lo stile delle costruzioni è quello tipico delle Cicladi, con piccole case bianche a spigoli arrotondati e tetti piatti.



Il castello della Chora è in una posizione splendida ma, purtroppo, in stato di abbandono. 




Affittiamo un motorino e facciamo un giro per l’isola. A parte la strada principale asfaltata che collega i tre piccoli centri abitati, le altre strade sono tutte sterrate, quasi delle mulattiere. Ad eccezione della fertile piana di Livadhi, il resto dell’isola è montagnosa e rocciosa. La costa è frastagliatissima,  a forma di farfalla con al centro una sottile striscia di terra che unisce le due parti dell’isola, Mesa Nisi e Exo Nisi.
 




Fu soprannominata dagli antichi greci ‘Tavola degli Dei’. Ancora oggi è famosa per il suo miele e non solo... qui noi ritroviamo il piacere dei sapori della cucina mediterranea. A chi dovesse passare da quelle parti raccomandiamo di non perdere una cena al ristorante Astropelos, sulla spiaggia di Livadhi.
Restiamo ad Astipalea una settimana, e ne approfittiamo anche per fare qualche lavoro in barca ed andare sott’acqua con le bombole, questa volta non per diletto, ma per pulire la carena, ormai invasa da un tappeto di alghe ben radicate. 

Quando il vento finalmente smette di soffiare forte da ovest, salpiamo con rotta Milos, dove arriviamo di notte sotto una serie di violenti temporali, con fulmini, grandine e raffiche di vento oltre i 30 nodi.

Tempo di riposarci e fare cambusa ripartiamo per la nostra ultima tappa greca. Ecco l'ancoraggio nella acque turchesi di Elafonisos, a sud del Peloponneso, dove ci troviamo in questo momento.
 

lunedì 11 maggio 2015

Egitto



Ci avevano avvertito tutti: il Mar Rosso sarà duro!
Ma solo adesso che siamo arrivati in cima e stiamo percorrendo il canale di Suez, possiamo dire: mai più, o meglio mai più in direzione nord.
1.500 miglia, circa 270 ore di navigazione, di cui 200 a motore, lottando contro  il vento dominante, anzi esclusivo... da nord e approfittando dei momenti di calma per avanzare. Lo schema si ripete con regolarità: 2-3 giorni di calma seguiti da 4-6 giorni di vento forte tra i 25-35 nodi.
E poi la sabbia, trasportata dal vento dai deserti che circondano questo mare,  ricopre la barca come cipria. Albero, sartiame, drizze, pannelli solari, generatore eolico, tutto in coperta è beige. Non c’è scampo nemmeno sottocoperta, la sabbia si infila ovunque in barca, fin in sentina.
Per fortuna ogni medaglia ha due facce. Il vento forte ci costringe a numerose soste che ci consentono di conoscere un piccolo pezzo d’Africa; abbiamo già raccontato le nostre impressioni sull’Eritrea e sul Sudan. In Egitto, mentre soffia il solito ventone da nord, ne approfittiamo per lasciare la barca al marina di Hurghada, e visitare Luxor, insieme ai nuovi amici di Cold Stream, Saverio, Furio e Gino.


Opere che risalgono a 4.000 anni fa, la cui imponenza, ingegno architettonico ed eleganza ci lasciano senza parole.

Il tempio di Karnak



 







La valle dei Re, dove purtroppo riusciamo a fare poche foto, di nascosto dai sorveglianti.






Il tempio di Hatshepsut



Dopo una settimana di sosta ad Hurghada ripartiamo per l'ultimo tratto di navigazione in Mar Rosso.



La partenza da Hurghada coincide con la separazione da Luana e Romano di AGoGo. Loro resteranno qui fino a fine mese. Sono passati sei mesi da quando abbiamo iniziato a navigare insieme in Malesia. Abbiamo condiviso tanto, la scoperta di nuovi paesi, il piacere delle immersioni alle Maldive e in Mar Rosso, lo stress della navigazione nel golfo di Aden, ci siamo aiutati a vicenda e ci siamo divertiti. Il legame tra di noi si è rafforzato giorno dopo giorno. A presto ragazzi, ci vediamo in Sicilia, inshallah!

Ed ora eccoci nel canale di Suez.
Il regolamento prevede una sosta obbligatoria allo Yacht Club di Suez, dove un funzionario dell’Autorità del Canale viene a misurare la barca, ed applica una formula complicata ed incomprensibile per calcolare l’importo da pagare. Il risultato per ZoomaX è di 390 $, più le spese di agenzia e le formalità doganali. Totale: 540 $. A questo si deve aggiungere la lunga lista di mance (bakshish): altri 100 $ circa.
Il canale è lungo circa 80 miglia ed il transito avviene in due giorni, con una sosta notturna ad Ismailia.
Come a Panama anche qui è obbligatoria la presenza di un pilota a bordo. In questo caso il suo ruolo è di dubbia necessità. In questo momento, mentre sto scrivendo il post, in piena navigazione, il nostro pilota sta dormendo in pozzetto!!!

 




Tra qualche ora saremo di nuovo in Mediterraneo, dopo 991 giorni di assenza.